L’indebita riesumazione del concorso dei consulenti negli illeciti tributari imputabili a persone giuridiche

L’indebita riesumazione del concorso dei consulenti negli illeciti tributari imputabili a persone giuridiche

Corr. Trib. 30/2012, pag. 2289 e segg.

La tesi secondo cui continuerebbero ad essere sanzionabili in via amministrativa per le violazioni relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche i consulenti e gli altri soggetti, diversi dai dipendenti ed amministratori, che abbiano concorso nelle violazioni medesime, non può essere condivisa in quanto, oltre a porsi in contrasto con gli orientamenti della prassi amministrativa e della dottrina prevalente, disattende, non soltanto il dettato letterale della legge, ma anche la volontà del legislatore, così come può essere desunta dai lavori preparatori e dalla sistematica legislativa.

Una recente sentenza di Commissione tributaria provinciale (1) ha sostenuto che i consulenti rimangono sanzionabili in via amministrativa a titolo di concorso ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 nelle violazioni relative al rapporto fiscale proprio di società con personalità giuridica anche dopo l’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (2), pur escludendo che, nel caso oggetto del giudizio, il consulente fosse responsabile per non essere stato provato che avrebbe tratto beneficio dalla violazione. La Commissione tributaria provinciale ha infatti fatto propria la tesi dell’Ufficio secondo cui la «circolare n. 28/E del 2004 (3) ha fornito un’interpretazione restrittiva dell’applicabilità (esclusione della sanzione) della norma anche a soggetti differenti da amministratori e dipendenti» in quanto «l’avverbio “esclusivamente” utilizzato dal comma 1 dell’art. 7 del D.L. n. 269/2003 … per individuare l’imputabilità della società stessa va interpretato restrittivamente». Pertanto, stando a quanto sembra potersi argomentare dalla sentenza, «poiché la legge delega n. 80/2003 all’art. 2, comma 1, ha fissato il seguente criterio direttivo: la sanzione fiscale amministrativa si concentra sul soggetto che ha tratto effettivo beneficio dalla violazione», i consulenti continuerebbero ad essere sanzionabili in via amministrativa per violazioni imputabili a persone giuridiche allorché ne abbiano tratto un vantaggio economico.

La fondatezza della tesi propugnata nella sentenza appena richiamata merita di essere attentamente vagliata posto che, per quanto attiene alle violazioni relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche, sembrava oramai scontato che, con l’entrata in vigore della disposizione prima richiamata, non risultasse più configurabile il concorso non solo dei dipendenti ed amministratori di tali persone giuridiche, ma anche di quelli di altre persone giuridiche e dei consulenti. Tant’è vero che ad oggi non risulta nessun’altra sentenza edita che abbia affermato tale concorso.

Le disposizioni di riferimento

L’art. 2 della legge delega n. 80/2003, recante «Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale» aveva delegato il Governo ad ordinare le imposte in un «codice unico» mediante l’emanazione di uno o più decreti legislativi entro due anni dalla data di entrata in vigore della predetta legge, stabilendo, alla lett. l), che la parte generale di tale codice avrebbe dovuto uniformarsi, fra altro, al principio secondo cui «la sanzione fiscale amministrativa si concentra sul soggetto che ha tratto effettivo beneficio dalla violazione».

Sennonché l’art. 7 del D.L. n. 269/2003, superando tale disposizione di delega, che è rimasta poi inattuata per il mancato varo del codice unico, ha stabilito che «le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica» e, al successivo comma 3, che «nei casi di cui al presente articolo le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, si applicano in quanto compatibili».

L’univoco dato letterale, storico e sistematico

Ebbene, già dall’esame del suo dettato letterale emerge chiaro che la trascritta disposizione ha inteso consentire l’irrogazione delle sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche e cioè le sanzioni amministrative irrogabili per violazioni relative a tale rapporto fiscale «esclusivamente a carico della persona giuridica» titolare del rapporto fiscale ovverosia con esclusione di qualunque altro soggetto diverso dalla persona giuridica titolare di tale rapporto e, quindi, dei dipendenti ed amministratori non solo della predetta persona giuridica, ma anche di altre persone giuridiche, nonché dei consulenti e degli altri concorrenti. L’utilizzo dell’avverbio «esclusivamente» indica in modo inequivoco che non si è voluta ammettere alcuna eccezione al principio secondo cui le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale di persone giuridiche sono a carico delle persone giuridiche che ne siano titolari. D’altro canto, è soltanto di tali sanzioni che i consulenti e gli altri concorrenti possono essere chiamati a rispondere a titolo di concorso ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. n. 472/1997, non comportando evidentemente tale concorso la violazione di obblighi relativi al loro rapporto fiscale. Pertanto, non risulta a priori ipotizzabile un’interpretazione restrittiva dell’art. 7 del D.L. n. 269/2003 che si possa contrapporre ad una sua interpretazione estensiva in quanto tale norma sembra suscettibile di una sola interpretazione e cioè che non possono esser più chiamati a rispondere delle violazioni relative al rapporto fiscale di persone giuridiche soggetti diversi dalle persone giuridiche medesime.

Quanto già si desume dall’esame del dettato letterale della legge trova inequivoca e piena conferma anche nella relativa relazione illustrativa. Si legge infatti in tale relazione che l’art. 7 del D.L. n. 269/2003 «introduce il principio della riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie», e che «in deroga al principio della riferibilità della sanzione alla persona fisica, di cui all’art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 472/1997 e al principio di solidarietà di cui all’art. 11 dello stesso decreto legislativo si prevede la responsabilità esclusiva della persona giuridica per la sanzione amministrativa allorché questa sia relativa al rapporto fiscale della stessa persona giuridica». Pertanto, stando a quanto emerge dalle trascritte indicazioni, la predetta disposizione introduce un nuovo principio di riferibilità esclusiva delle sanzioni amministrative alle persone giuridiche in luogo di quello previgente di riferibilità esclusiva delle sanzioni alle persone fisiche. Ma vi è di più. Precisa ancora la relazione che tale principio comporta come corollario che «in tal caso … è obbligato a sopportare l’onere della sanzione un soggetto diverso da quello che ha commesso l’illecito» e, quindi, un soggetto diverso tanto dall’autore, quanto dal coautore, vale a dire la persona giuridica titolare del rapporto fiscale. Di conseguenza, con l’introduzione di tale disposizione, devono ritenersi abrogate tanto le ipotesi di concorso di persone fisiche nelle violazioni imputabili a persone giuridiche previste dall’art. 9 del medesimo decreto legislativo, quanto la connessa responsabilità solidale delle persone giuridiche prevista dall’art. 11 del D.Lgs. n. 472/1997 per le violazioni di cui siano autori materiali i loro dipendenti ed amministratori.

Ma non basta. A favore della conclusione esposta depongono anche considerazioni logico-sistematiche. Innanzitutto rimane incomprensibile quale sarebbe il criterio giuridico a cui far riferimento per stabilire chi rimarrebbe sanzionabile e chi non lo sarebbe più, non facendo l’art. 7 del D.L. n. 269/2003 alcuna distinzione. Di conseguenza, l’individuazione di tale criterio sarebbe rimessa alla discrezione, prima dell’Amministrazione finanziaria e poi del giudice, in violazione dei principi di imparzialità della Pubblica amministrazione e di legalità. D’altro canto, non si vede perché il legislatore dovrebbe aver inteso esonerare da qualunque sanzione amministrativa gli amministratori ed i dipendenti delle persone giuridiche titolari del rapporto fiscale, e continuare a sanzionare, invece, gli amministratori ed i dipendenti di altre persone giuridiche e i consulenti od altri concorrenti. Sono proprio i dipendenti ed amministratori delle persone giuridiche titolari del rapporto fiscale che, se del caso, dovrebbero in primis esser sanzionati per essere gli autori materiali delle violazioni tributarie. Non possono che essere costoro ad aver progettato, deciso ed eseguito le violazioni medesime, non adempiendo agli obblighi tributari gravanti a carico delle persone giuridiche medesime. È lo stesso comma 2 dell’art. 11 del D.Lgs. n. 472/1997 a darlo per acquisito, laddove statuisce che, «fino a prova contraria, si presume autore della violazione chi ha sottoscritto ovvero compiuto gli atti illegittimi». Di conseguenza, è palesemente irrazionale non sanzionare gli autori materiali della violazione, e cioè i dipendenti e gli amministratori delle persone giuridiche titolari del rapporto fiscale, e sanzionare invece i coautori, siano essi dipendenti o amministratori di altre persone giuridiche o consulenti ed altri concorrenti.

SOLUZIONI INTERPRETATIVE
Violazioni relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche
Il comma 1 dell’art. 7 del D.L. n. 269/2003, stabilendo che le sanzioni amministrative irrogabili per violazioni relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche sono non solo «a carico», ma «esclusivamente a carico» di tali persone giuridiche, indica inequivocabilmente che non si è voluta ammettere alcuna eccezione al principio di riferibilità di tali sanzioni alle persone giuridiche titolari del rapporto fiscale. Pertanto, tale disposizione sembra suscettibile di una sola interpretazione e cioè che non possono esser più chiamati a rispondere delle violazioni relative al rapporto fiscale di persone giuridiche altri soggetti.

Comunque, diversamente argomentando, si legittimerebbero conclusioni a dir poco paradossali. Ed infatti, potrebbero continuare ad essere chiamati a rispondere di violazioni imputabili ad una persona giuridica i suoi sindaci e revisori, i suoi rappresentanti negoziali, gli amministratori o dipendenti della società consolidante, ma non i suoi amministratori e dipendenti.

Peraltro, neppure il principio direttivo della lett. l) dell’art. 2 della legge delega n. 80/2003 secondo cui «le sanzioni sono concentrate sul soggetto che ha tratto effettivo beneficio dalla violazione» può in alcun modo legittimare una siffatta distinzione. Tramite la sua introduzione, stando a quanto emerge dai relativi lavori parlamentari, il Parlamento intendeva ripristinare il principio secondo cui delle violazioni tributarie sono chiamati a rispondere i soli titolari del rapporto fiscale e cioè i soggetti passivi d’imposta. Nella relazione del Governo al «Disegno di legge delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale» (A.C. n. 2144) (4) è testualmente rilevato che «la disciplina delle sanzioni fiscali amministrative ha di recente formato oggetto di un’ampia riforma i cui contenuti hanno però in alcuni casi dato luogo a notevoli criticità e difficoltà applicative», quale appunto il «principio di personalità della violazione, in base al quale la sanzione fiscale amministrativa dovrebbe sempre essere applicata nei confronti della persona fisica cui è riferibile la violazione contestata … anche nel caso in cui il contribuente che ha tratto vantaggio dalla violazione commessa sia una persona giuridica», che rappresenta «una, e non marginale, causa di spiazzamento competitivo negativo del nostro Paese, a vantaggio degli altri Paesi competitori, che non conoscono norme simili» e che, «per eliminare ogni ambiguità applicativa (senza peraltro ridurre la valenza intimidatoria propria delle sanzioni), la codificazione delle sanzioni fiscali amministrative si informa al principio di concentrazione della sanzione sul contribuente (sia esso persona fisica o giuridica) che ha tratto effettivo beneficio dalla violazione … anche per ripristinare una stretta connessione tra punizione e indebiti vantaggi connessi all’evasione fiscale». D’altro canto, nella relazione della Commissione Finanze e Tesoro del Senato (A.S. 1396-A) «del 27 settembre 2002 sul disegno di legge Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale», si legge che, poiché «la riforma della disciplina delle sanzioni tributarie amministrative, operata con i D.Lgs. nn. 471, 472 e 473 del 1997», ha «dato luogo a notevoli criticità e difficoltà applicative, soprattutto con riguardo al principio di personalità della violazione, in base al quale la sanzione fiscale amministrativa deve sempre essere applicata nei confronti della persona fisica cui è riferibile la violazione contestata, anche nel caso in cui il contribuente che ha tratto vantaggio dalla violazione commessa sia una persona giuridica … la nuova formulazione della lett. l), superando l’impostazione del sistema vigente, prevede l’imputabilità della responsabilità amministrativa per le violazioni tributarie in capo alle persone giuridiche che ne abbiano tratto vantaggio» in quanto «la previsione della responsabilità delle persone giuridiche garantisce … una stretta connessione tra punizione ed indebiti vantaggi connessi all’evasione fiscale».

Ma vi è di più. Il principio direttivo sancito dalla lett. l) dell’art. 2 della legge n. 80/2003 sarebbe oramai superato non solo perché tale principio direttivo non è stato poi mai attuato dal Governo, ma anche e soprattutto perché l’art. 7 del D.L. n. 269/2003, essendo entrato in vigore il 2 ottobre 2003, giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e, quindi, dopo il 3 maggio 2003, data di entrata in vigore della legge n. 80/2003, non può che averlo implicitamente abrogato, per regolamentazione dell’intera materia, per quanto attiene alle sanzioni relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche.

Ed ancora, non si vede come si possa sostenere che, esonerando da qualunque sanzione gli amministratori e i dipendenti delle persone giuridiche titolari del rapporto fiscale, il legislatore avrebbe attuato il principio secondo cui «le sanzioni sono concentrate sul soggetto che ha tratto beneficio dalla violazione». È a dir poco lapalissiano che, nel caso in cui titolari del rapporto fiscale siano persone giuridiche, chi trae beneficio dalle violazioni tributarie sono proprio tali persone giuridiche e, se del caso, i loro amministratori e dipendenti che ne siano autori materiali, piuttosto che invece gli amministratori e dipendenti di altre persone giuridiche o i consulenti e gli altri concorrenti. È sicuramente verosimile che siano i primi a fare propri i profitti dell’evasione, tanto più quando siano anche soci della società che li abbia conseguiti. Pertanto, la non sanzionabilità degli amministratori e dipendenti delle persone giuridiche titolari del rapporto fiscale e la sanzionabilità degli amministratori e dipendenti di altre persone giuridiche, nonché dei consulenti e degli altri concorrenti, non solo non darebbe attuazione, ma addirittura sovvertirebbe completamente il principio del beneficio per il fatto che comporterebbe l’applicazione esclusiva delle sanzioni a carico di chi può non aver direttamente beneficiato dei profitti delle violazioni tributarie.

Comunque, l’accoglimento dell’interpretazione secondo cui non potrebbero più essere chiamati a rispondere delle violazioni tributarie relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche gli autori, mentre potrebbero esserlo i coautori comporterebbe l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 del D.L. n. 269/2003. È infatti orientamento consolidato della Corte costituzionale in materia penale che, sebbene spetti al legislatore la scelta delle fattispecie meritevoli di sanzione, «siffatto potere deve essere contenuto nei limiti della razionalità e che quando ricorrano casi … in cui la sperequazione di trattamento normativo per figure omogenee di reati assuma aspetti e dimensioni tali da non potersi considerare sorretta da alcuna ragionevole giustificazione il controllo della Corte non può essere disconosciuto». Pertanto, il giudice delle leggi ha ritenuto che, qualora tra fatti sanzionati diversamente sia identico il «contenuto, in entrambi offensivo dello stesso bene che si è voluto proteggere» ed «identica, altresì, l’azione tipica delle due azioni criminose», la disposizione sanzionatoria deve ritenersi irragionevole non essendo possibile comprendere «quali obiettivi e apprezzabili ragioni abbiano potuto indurre il legislatore ad una diversa valutazione delle anzidette figure delittuose e a disporre, quindi, un differente loro trattamento» (5). Ed ancora, la Corte costituzionale, dopo aver premesso che «il principio secondo cui appartiene alla discrezionalità del legislatore la determinazione della quantità e qualità della sanzione penale costituisce un dato costante della giurisprudenza costituzionale che deve essere riconfermato: non spetta infatti alla Corte rimodulare le scelte punitive effettuate dal legislatore, né stabilire quantificazioni sanzionatorie», ha concluso che «tuttavia, come è stato sottolineato soprattutto nella giurisprudenza più recente, alla Corte rimane il compito di verificare che l’uso della discrezionalità legislativa in materia rispetti il limite della ragionevolezza» (6). Ebbene, il limite di ragionevolezza nel caso di specie sarebbe platealmente travalicato perché è del tutto irragionevole non sanzionare gli autori materiali di una violazione tributaria imputabile ad una persona giuridica e sanzionare invece i coautori della medesima violazione, posto che in tal modo chi ha fornito un contributo psichico o materiale alla commissione di una violazione subirebbe un trattamento deteriore rispetto a chi l’abbia commessa.

LA PRASSI AMMINISTRATIVA
Violazioni relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche
L’Agenzia delle entrate ha chiaramente lasciato intendere che non possono essere chiamati a rispondere delle sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche anche gli amministratori e i dipendenti di altre persone giuridiche, nonché i consulenti o gli altri concorrenti. Con l’entrata in vigore dell’art. 7 del D.L. n. 269/2003, secondo l’Agenzia, è configurabile una responsabilità amministrativa esclusivamente delle persone giuridiche soggetto passivo d’imposta e non anche dei soggetti che siano autori, come pure coautori, della violazione.

L’univoco orientamento della prassi amministrativa

Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ufficio nel giudizio davanti alla Commissione tributaria provinciale, la stessa Direzione centrale dell’Agenzia delle entrate nella circolare n. 28/E del 2004, a ben vedere, ha lasciato chiaramente intendere che non possono essere chiamati a rispondere delle sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche anche gli amministratori e i dipendenti di altre persone giuridiche, nonché i consulenti o gli altri concorrenti. Ed infatti, tale organismo, dopo aver premesso nella predetta circolare che l’art. 7 del D.L. n. 269/2003 «dà attuazione parziale all’art. 2, comma 1, lett. l), della legge n. 80/2003 (delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale), secondo cui “la sanzione fiscale amministrativa si concentra sul soggetto che ha tratto effettivo beneficio dalla violazione”», ha precisato che «la norma di cui all’art. 7 in esame che pone esclusivamente a carico del soggetto passivo d’imposta la responsabilità amministrativa, senza più coinvolgere l’autore dell’illecito, deroga ai richiamati principi informatori della riforma del 1997». Di conseguenza, essa si è chiaramente mostrata dell’avviso che, con l’entrata in vigore della predetta disposizione, è configurabile una responsabilità amministrativa esclusivamente delle persone giuridiche soggetto passivo d’imposta e non anche, invece, dei soggetti che siano autori, come pure coautori della violazione.

Ma vi è di più. La Direzione centrale ha precisato altresì, per quanto attiene alla decorrenza, che, «se alla data dell’entrata in vigore del decreto-legge la violazione non è stata ancora contestata ovvero sanzionata, ne risponde esclusivamente la persona giuridica, ancorché si tratti di violazioni commesse prima del 2 ottobre 2003», e che «la novella afferma la responsabilità amministrativa esclusiva delle società, associazioni od enti con personalità giuridica». Pertanto, tale Direzione, quando nella circolare n. 28/E del 2004, ha precisato che «la nuova disposizione riguarda … solo gli amministratori, i dipendenti ed i rappresentanti di società, associazioni od enti con personalità giuridica», ha soltanto inteso affermare che la nuova disposizione non riguarda anche gli amministratori, i dipendenti ed i rappresentanti di società, associazioni od enti senza personalità giuridica. Per contro, Essa non ha inteso in alcun modo negare la sua applicabilità, né ai dipendenti, amministratori e rappresentanti di persone giuridiche diverse da quelle titolari del rapporto fiscale, avendo fatto chiaro riferimento agli amministratori, dipendenti e rappresentanti di qualunque tipo di persona giuridica, né ai consulenti, non avendone fatto alcuna menzione. Tant’è vero che ha poi concluso che «le disposizioni del decreto, informate al principio della personalità della sanzione, continuano ad applicarsi nei confronti delle persone fisiche che instaurano rapporti tributari con soggetti diversi dalle società o enti aventi personalità giuridica», senza menzionare in alcun modo anche le persone fisiche che instaurano rapporti con persone giuridiche, siano esse dipendenti, amministratori o consulenti.

L’orientamento della Direzione centrale secondo cui le persone giuridiche rispondono in via esclusiva delle violazioni relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche è stato condiviso anche dall’Avvocatura dello Stato in un parere rilasciato su richiesta della stessa Agenzia delle dogane (7). Ed infatti, l’Avvocatura, dopo aver espresso l’avviso che, con l’art. 7 del D.L. n. 269/2003, il legislatore «si sia limitato a disporre che le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società ed enti con personalità giuridica restano a carico esclusivo della persona giuridica stessa (in definitiva destinataria dei benefici indebitamente conseguiti con l’evasione d’imposta)», ha concluso che «la normativa di cui al D.Lgs. n. 472/1997, ed in particolar modo quella agli artt. 5, 6, e 7 del medesimo, deve trovare applicazione – con riferimento alla persona fisica autrice dell’illecito tributario – anche nelle ipotesi in cui rileva la nuova disciplina prevista dall’art. 7 del D.L. n. 269/2003 … ancorché la responsabilità per l’illecito stesso resti ad esclusivo carico della persona giuridica nel cui interesse l’attività sia stata posta in essere, in sintonia con il principio generale di cui all’art. 2409 c.c.», concludendo che resta ferma «la disciplina delle responsabilità dettata dal D.Lgs. n. 472/1997 per i soggetti estranei all’ambito oggettivo delineato dal D.L. n. 269/2003, ossia nei confronti degli amministratori e dei soci delle società prive di personalità giuridica, nonché dei dipendenti di dette società e delle persone fisiche» ovverosia nei confronti di coloro che abbiano concorso con società od organismi privi di personalità giuridica e con persone fisiche «per i quali si continua ad applicare l’art. 11 che prevede la responsabilità diretta dell’autore della violazione ed una responsabilità solidale del soggetto (persona fisica, società, ente) nel cui interesse si è agito».

LA GIURISPRUDENZA
Violazioni relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche
La tesi secondo cui i consulenti potrebbero continuare ad essere chiamati a rispondere delle violazioni relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 7 del D.L. n. 269/2003 non ha finora trovato avallo nella giurisprudenza di legittimità. È vero che la Corte di cassazione ha formulato l’«obiter dictum» secondo cui «erroneamente la Commissione tributaria regionale ha escluso la responsabilità della società (ai fini sanzionatori) in ordine all’irregolare tenuta delle scritture contabili, scaricandola sul consulente fiscale, che, tutt’al più, potrebbe essere un concorrente nell’illecito costituito dalla violazione di un obbligo che fa capo all’ente e per esso al legale rappresentante». Tuttavia tale «obiter dictum» appare inconferente in quanto il giudizio aveva ad oggetto rilievi relativi ai periodi d’imposta 1990 e 1991 in cui la responsabilità a titolo di concorso per le sanzioni amministrative tributarie non era prevista dalla legge «pro tempore» vigente.

Le conclusioni cui l’Avvocatura dello Stato è pervenuta nel parere appena richiamato sono state poi integralmente recepite anche dall’Agenzia delle dogane. Si legge infatti in una sua nota (8) che «nei confronti degli amministratori e dei soci delle società prive di personalità giuridica, nonché dei dipendenti di dette società e delle persone fisiche in genere, si continuerà ad applicare non solo la riferibilità della sanzione amministrativa alla persona fisica autrice o co-autrice dell’illecito (art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 472/1997), ma anche il meccanismo della responsabilità solidale fra l’autore materiale dell’illecito (rappresentante, dipendente o amministratore) e la persona fisica, l’associazione, la società o l’ente senza personalità giuridica nel cui interesse la violazione è stata commessa (art. 11 del D.Lgs. n. 472/1997)», ma, «come è evidente, tali norme sono state rese inoperanti dall’art. 7 del D.L. n. 269/2003 in relazione alle società ed agli enti dotati di personalità giuridica».

L’univoco orientamento della migliore dottrina

Comunque, anche la dottrina prevalente si è pronunciata in senso conforme all’Agenzia delle entrate e all’Avvocatura dello Stato. In particolare, subito dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 269/2003, è stato rilevato che «altre norme non più applicabili, sempre in considerazione della esclusività della responsabilità della persona giuridica, sembrano essere quelle sul concorso di persone e sull’autore mediato previste dagli artt. 9 e 10 del D.Lgs. n. 472/1997», giacché «se … la responsabilità per le sanzioni, nelle società o enti con personalità giuridica, è esclusivamente a carico di queste ultime, diventa irrilevante, da un punto di vista sanzionatorio, il comportamento delle persone … che eventualmente concorrano nella commissione degli illeciti o agiscano come autori mediati degli stessi» (9). Questa iniziale presa di posizione ha poi trovato autorevoli adesioni. Ed infatti è stato rilevato, da un lato, che con l’entrata in vigore dell’art. 7 del D.L. n. 269/2003, continuano ad essere «compatibili con la nuova disciplina e perciò applicabili tutte le norme del D.Lgs. n. 472/1997, salvo quelle che riguardano direttamente il rapporto tra l’autore materiale dell’illecito ed il responsabile della sanzione (coobbligazione solidale e concorso nell’illecito)» (10) e, dall’altro, che «le considerazioni logico sistematiche espresse con riferimento all’autore materiale della violazione, per criticarne l’assoggettamento alla sanzione proporzionale, valgono anche per il concorrente» posto che, «sul piano testuale, l’avverbio “esclusivamente” copre entrambi i soggetti, e quindi ubi lex non distinguit nec nos distinguere debemus» (11).

L’ordinanza della Corte di cassazione n. 3651 del 2011

La tesi secondo cui i consulenti potrebbero continuare ad essere chiamati a rispondere delle violazioni relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 7 del D.L. n. 269/2003 non ha finora trovato avallo neppure nella giurisprudenza di legittimità. È vero che la Sezione tributaria della Corte di cassazione nell’ord. 14 febbraio 2011, n. 3651 (12) ha formulato l’obiter dictum secondo cui «erroneamente la Commissione tributaria regionale ha escluso la responsabilità della società (ai fini sanzionatori) in ordine all’irregolare tenuta delle scritture contabili, scaricandola sul consulente fiscale, che, tutt’al più, potrebbe essere un concorrente nell’illecito costituito dalla violazione di un obbligo che fa capo all’ente e per esso al legale rappresentante». Tuttavia tale obiter dictum appare inconferente in quanto il giudizio definito con tale ordinanza aveva ad oggetto rilievi relativi ai periodi d’imposta 1990 e 1991 in cui la responsabilità a titolo concorso per le sanzioni amministrative tributarie non era prevista dalla legge pro tempore vigente. Nel testo della sentenza impugnata (13) si legge infatti che «in data 22 giugno 1999 veniva notificato alla società sopra generalizzata avvisi di accertamento emessi … dall’Agenzia delle entrate, Ufficio di …, a seguito di processo verbale di constatazione del Nucleo centrale Polizia tributaria della Guardia di finanza di …, per i seguenti motivi: inattendibilità della contabilità, relativa all’anno d’imposta dal 1990 al 1991, della società».

Considerazioni conclusive

Sulla base dell’analisi che precede è possibile concludere che la tesi secondo cui continuerebbero ad essere sanzionabili in via amministrativa per le violazioni relative al rapporto fiscale proprio di persone giuridiche i consulenti e gli altri soggetti che abbiano concorso nelle violazioni medesime non può essere condivisa. Tale tesi, oltre a porsi in contrasto con gli orientamenti della prassi amministrativa e della dottrina prevalente, disattende non soltanto il dettato letterale della legge, ma anche la volontà del legislatore, così come può essere desunta dai relativi lavori preparatori e dalla sistematica legislativa del tutto in barba al principio nulla poena sine lege!

Note:

(1) Comm. trib. prov. di Reggio Emilia, Sez. I, 26 marzo 2012, n. 135, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

(2) Convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

(3) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

(4) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

(5) Corte cost., 9 gennaio 1974, n. 4.

(6) Corte cost. 25 luglio 1994, n. 341.

(7) Parere 14 aprile 2005, n. 51472 .

(8) Nota 13 luglio 2005, n. 1949/IV, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

(9) A. Tomassini, «La riferibilità delle sanzioni agli enti con personalità giuridica», in Corr. Trib. n. 17/2004, pag. 1340.

(10) F. Gallo, «L’impresa e la responsabilità per le sanzioni amministrative tributarie», in Rass. trib., 2005, pag. 11.

(11) R. Lupi, «Sull’incompatibilità del concorso di persone con l’esclusiva responsabilità delle persone giuridiche per violazioni tributarie», in Dialoghi dir. trib. n. 1/2005, pag. 12.

(12) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

(13) Comm. trib. reg. del Lazio, 5 aprile 2006, n. 35, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

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