Con sentenza n. 496/2023 del 15 giugno 2023 la CGT di Torino ha riconosciuto la deducibilità dall’imponibile IRAP dell’IVA che una società italiana aveva versato per la definizione agevolata di una controversia instaurata avverso la contestazione di mancato assoggettamento a tale imposta di servizi pubblicitari e che l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto non rivalsabile nei confronti del committente ai sensi del comma 7 dell’art. 60 del d.P.R. n. 633/1972.
Nel caso oggetto del giudizio la società italiana aveva reso tali servizi a favore di committenti residenti in un altro Stato dell’UE, senza assoggettarle ad IVA, per carenza del necessario requisito di territorialità.
L’Agenzia delle Entrate mediante la notifica di appositi avvisi di accertamento aveva recuperato l’IVA sulle prestazioni così individuate, sostenendo che le società unionali sarebbero state interposte e gli effettivi committenti sarebbero stati residenti in Italia.
La predetta società, ritenendo la contestazione così formulata a suo carico del tutto infondata, aveva impugnato tali avvisi di accertamento davanti alla competente commissione tributaria.
Senonché la società italiana, avendo ritenuto preferibile avvalersi della definizione agevolata dei giudizi così instaurati e non potendo recuperare l’IVA versata per fruire della definizione agevolata tramite l’esercizio della rivalsa accordata dal comma 7 dell’art. 60 del d.P.R. n. 633/1972 nei confronti degli effettivi committenti, ha presentato all’Agenzia delle Entrate un’istanza di interpello per sapere se poteva dedurre dall’imponibile IRES e IRAP, oltre agli interessi passivi versati per fruire della definizione agevolata, anche le perdite su crediti derivanti dall’impossibilità di esercitare la rivalsa per l’insolvenza dei committenti ovvero, in caso contrario, l’IVA rimasta a suo carico.
Ebbene, l’Agenzia delle Entrate ha confermato la deducibilità dei predetti interessi passivi in quanto di natura compensativa, ma ha negato la deducibilità tanto della perdita su crediti derivante dal mancato esercizio della rivalsa, poiché la rivalsa non sarebbe stata esercitabile in presenza di una condotta di evasione dell’IVA, quanto dell’IVA asseritamente non rivalsabile ai sensi dell’art. 99 TUIR e dell’art. 5 del d.lgs. n. 446/1997 poiché l’IVA non rivalsabile non sarebbe qualificabile come un costo relativo all’attività d’impresa, bensì come una sanzione impropria applicabile per la violazione commessa.
La società italiana, uniformandosi ai pareri rilasciati dall’Agenzia delle Entrate, ha dunque ripreso a tassazione, nella dichiarazione dei redditi e dell’IRAP l’IVA non rivalsata che aveva incluso nella voce relativa agli “Altri Costi” del conto economico, ma ha poi richiesto il rimborso delle maggiori imposte versate per effetto della mancata deduzione ed ha successivamente impugnato davanti alla competente commissione tributaria il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate.
Con la sentenza allegata la CGT di Torino, accogliendo le argomentazioni formulate nel nostro ricorso, ha annullato il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate all’erogazione del rimborso non solo perché ha riconosciuto la correttezza dell’inclusione del relativo controvalore nella voce relativa agli “Altri costi”, comprendendo tale voce anche le imposte relative ad esercizi precedenti non costituenti oneri accessori di acquisto di beni o servizi, ma anche perché l’IVA, anche qualora non fosse rivalsabile, per il principio di legalità, non può risultare configurabile come una sanzione impropria in difetto di un’espressa disposizione di legge che la consideri tale.
Ed infatti, tale Corte ha correttamente concluso che, in difetto della “necessaria previsione di legge … l’indeducibilità dalla base imponibile IRAP di quanto versato dalla ricorrente per IVA in sede di definizione delle controversie non può … essere giustificata attribuendo a ciò natura sanzionatoria”.
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