Le iniziative della Commissione UE sulle procedure di sgravio d’imposta

Le iniziative della Commissione UE sulle procedure di sgravio d’imposta

Corr. Trib. 43/2010, pag. 3575 e segg.

La legge fiscale italiana risulta per lo più adeguata alla Raccomandazione della Commissione UE del 2009 sulle procedure per l’applicazione degli sgravi d’imposta. Tuttavia rimane ancora da fare per quanto attiene, non solo alla permanenza dell’obbligo di nomina di un rappresentante fiscale da parte degli intermediari non residenti, ma anche ai tempi di erogazione dei rimborsi. Non è ragionevole erogare i rimborsi dopo più di sei anni dalla richiesta e richiedere a distanza di dieci anni nuovi documenti prima non richiesti.

La Commissione UE ha da tempo posto fra i suoi obiettivi la realizzazione di un unico mercato comunitario dei servizi finanziari. Pertanto, nel 1996 Essa ha costituito un gruppo di lavoro per essere consigliata sulle iniziative da intraprendere per perseguire tale obiettivo. Tale gruppo di lavoro, noto come «Gruppo Giovannini» dal nome del suo coordinatore, Alberto Giovannini, era composto da operatori del mercato finanziario e da rappresentanti della Direzione del Mercato Interno della Commissione.

Il Gruppo ha redatto numerosi rapporti. Il primo del 1997, sull’impatto dell’introduzione dell’euro sui mercati dei capitali, il secondo del 1999, sul mercato comunitario dei repo (Repurchase Agreement), il terzo del 2000, sul miglioramento dell’efficienza del mercato dei titoli di Stato e il quarto del 2001, sui processi di Clearing & Settlement in sede transnazionale.

Nel suo quarto rapporto il Gruppo ha rilevato come la differente disciplina a cui i processi di Clearing & Settlement sono sottoposti negli Stati membri comporti una serie di barriere ad un più efficiente funzionamento di tali processi in sede intracomunitaria. In particolare, sono state individuate quindici barriere, le quali, a loro volta, sono state ricondotte in tre distinte categorie e cioè le barriere derivanti dalla diversità dei requisiti tecnici e dalle prassi di mercato adottate dagli Stati membri, quelle derivanti dalle difformità delle procedure fiscali e quelle derivanti dalle incertezze di carattere legale.

Per quanto in questa sede interessa, due sono le barriere relative alle difformità delle procedure fiscali che sono state individuate e cioè la Barriera n. 11 derivante dall’adozione da parte degli Stati membri di procedure per il prelievo alla fonte delle imposte sui redditi e per il riconoscimento dei relativi sgravi che non consentono agli intermediari esteri di assumere lo status di withholding tax agent e la Barriera n. 12 conseguente alla scelta di prelevare le tasse sui trasferimenti attraverso un sistema di riscossione integrato in un sistema di liquidazione nazionale. Nel quinto rapporto il Gruppo ha identificato gli interventi da promuovere per rimuovere le quindici barriere precedentemente identificate. In particolare, secondo tale rapporto la Barriera 11 può essere rimossa consentendo agli intermediari finanziari con sede nella UE di assumere lo status di withholding agent in tutti i relativi Stati membri, mentre la Barriera 12, rimuovendo ogni disposizione che richiede che le tasse sui trasferimenti dei titoli siano riscosse mediante un sistema di liquidazione nazionale.

I due rapporti del Gruppo Fisco

Nel 2005 la Commissione UE ha insediato un FIScal COmpliance experts’group o Gruppo Fisco (GF) composto da rappresentanti del settore privato e coordinato da un rappresentante della Direzione Generale Mercato Interno. Al GF è stato affidato il mandato di analizzare le diverse procedure adottate dagli Stati membri per il prelievo delle imposte sui redditi e delle tasse sui trasferimenti di titoli e per il riconoscimento dei relativi sgravi che sono state considerate come barriere ad un efficiente Clearing & Settlement dal Gruppo Giovannini, nonché di individuare le possibili iniziative da intraprendere per garantire che gli intermediari finanziari comunitari possano competere in condizioni di parità, verificando se tali procedure possano essere armonizzate.

Il GF ha diffuso nel 2006 un primo rapporto nel quale sono state analizzate le diverse procedure adottate dagli Stati membri per il prelievo delle imposte sui redditi e delle tasse sui trasferimenti di titoli ed il riconoscimento dei relativi sgravi e, nel 2007, un secondo rapporto con l’illustrazione delle possibili soluzioni per rimuovere le barriere che queste diverse procedure comportano all’attività di post-trading (1).

Questo secondo rapporto è di particolare importanza, perché la Commissione lo ha preso a base per l’emanazione di una sua raccomandazione. Poiché in Italia non è più prevista una tassa sul trasferimento dei titoli, limiteremo l’esame alla sola prima parte del rapporto che si occupa delle procedure per l’applicazione delle imposte sui redditi e dei relativi sgravi.

SOLUZIONI PRATICABILI
Riconoscimento degli sgravi d’imposta

Nel suo Rapporto, il Gruppo Fisco, insediato dalla Commissione UE, ha concluso che fra i due metodi per il riconoscimento degli sgravi d’imposta e cioè l’applicazione diretta da parte del «withholding tax agent» e il rimborso dell’imposta prelevata alla fonte sia preferibile il primo perché consente di percepire l’importo lordo del reddito all’investitore.

Il rapporto del GF sulle soluzioni alle Barriere fiscali relative al «post-trading» nella UE. Applicazione diretta degli sgravi d’imposta da parte del «withholding tax agent»

Applicazione diretta degli sgravi d’imposta da parte del “withholding tax agent”

Nel Rapporto il GF ha concluso che fra i due metodi esistenti per il riconoscimento degli sgravi d’imposta e cioè quello dell’applicazione diretta da parte del withholding tax agent e quello del rimborso dell’imposta prelevata alla fonte sia sicuramente preferibile il primo perché consente all’investitore di percepire l’importo lordo del reddito.

Riconoscimento dello status di «responsible withholding» e «responsible non-withholding agent» agli intermediari non residenti

Secondo il GF, le procedure adottate dagli Stati membri per il prelievo alla fonte delle imposte sui redditi finanziari e per il riconoscimento degli sgravi fiscali non tengono adeguato conto della struttura multilivello con cui operano gli intermediari finanziari. Tali procedure, ponendo l’obbligo di operare il prelievo a carico degli emittenti o degli intermediari finanziari residenti, consentono di riconoscere gli sgravi d’imposta soltanto a soggetti che, oltre a non avere un contatto diretto con i beneficiari effettivi dei redditi, spesso si pongono al termine di una lunga catena di intermediari. Di conseguenza, i documenti e le informazioni che devono essere da loro prodotti per ottenere l’applicazione diretta degli sgravi d’imposta devono essere trasferiti lungo tutta la catena degli intermediari fino agli emittenti o agli intermediari residenti. Tale trasferimento di documenti ed informazioni non solo è oneroso, tenuto conto dei costi che comporta a carico degli intermediari, ma può creare problemi di riservatezza e di privacy in quanto le informazioni relative ai clienti di un intermediario potrebbero venire a conoscenza di altri intermediari.

Per risolvere tali problemi il GF ha proposto l’adozione di due misure. La prima è di riconoscere agli intermediari non residenti più vicini ai beneficiari effettivi la facoltà di assumere lo status di responsible withholding agent e cioè di intermediari legittimati a prelevare le imposte alla fonte e ad applicare gli sgravi d’imposta, ovvero lo status di responsible non-withholding agent e cioè di intermediari legittimati a trasmettere le informazioni necessarie per l’applicazione degli sgravi d’imposta. L’esercizio di tale facoltà non dovrebbe essere subordinato alla nomina di un rappresentante fiscale residente nello Stato della fonte. La seconda è di consentire la trasmissione telematica delle informazioni, in luogo della trasmissione fisica della documentazione degli sgravi d’imposta.

Secondo il GF gli intermediari non residenti con lo status di responsible withholding agent dovrebbero assumere i medesimi obblighi degli intermediari residenti dotati del medesimo status. Pertanto, essi dovrebbero prelevare le imposte alla fonte e versarle all’Erario, presentare le dichiarazioni obbligatorie ed essere sottoposti ad accertamento dall’Autorità fiscale dello Stato di residenza dell’emittente.

Gli intermediari finanziari con lo status di responsible non-withholding agent dovrebbero avere soltanto l’obbligo di trasferire le informazioni sull’aliquota d’imposta applicabile sui proventi di pool di titoli all’intermediario successivo della catena. Qualora tali intermediari trasferiscano le informazioni ad un intermediario privo dello status di responsible withholding agent, questo secondo intermediario dovrebbe trasferire le informazioni al successivo intermediario o all’emittente dei titoli.

La facoltà di assumere lo status di withholding agent dovrebbe essere riconosciuta a tutti gli intermediari finanziari compresi nella catena, siano essi residenti o non residenti, così da trattare tutti gli intermediari allo stesso modo.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE
Status di «responsible agent» per gli intermediari più vicini ai beneficiari

Il trasferimento di documenti e informazioni per l’applicazione diretta degli sgravi d’imposta lungo tutta la catena degli intermediari fino agli emittenti o agli intermediari residenti è oneroso e può creare problemi di riservatezza. — Il Gruppo Fisco ha proposto l’adozione di due misure. La prima è di riconoscere agli intermediari non residenti più vicini ai beneficiari effettivi la facoltà di assumere lo «status» di «responsible withholding agent», cioè di intermediari legittimati a prelevare le imposte alla fonte e ad applicare gli sgravi d’imposta, o quello di «responsible non-withholding agent», cioè di intermediari legittimati a trasmettere le informazioni necessarie per l’applicazione degli sgravi d’imposta. La seconda è di consentire la trasmissione telematica delle informazioni.

Controllo sugli intermediari non residenti dotati dello status di «responsible agent»

Secondo il GF il potere di controllo sugli intermediari non residenti con lo status di responsible agent dovrebbe continuare a spettare all’Amministrazione finanziaria dello Stato di residenza dell’emittente dei titoli, non solo perché l’omesso prelievo dell’imposta è destinato ad incidere sulle entrate tributarie di tale Stato, ma anche perché la distanza intercorrente fra lo Stato della fonte e lo Stato dell’effettivo beneficiario può essere colmata mediante l’uso di sistemi di collegamento elettronico.

Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria dello Stato della fonte dovrebbe limitarsi a svolgere controlli sugli intermediari non residenti solo quando ne sussista l’esigenza, avvalendosi dell’Amministrazione finanziaria dell’altro Stato membro, per ottenere informazioni, documentazione ovvero i risultati dei controlli da queste effettuati, nonché di revisori esterni per svolgere controlli periodici dei sistemi informativi. I controlli casuali di gruppi di investitori basati su procedure concordate previsti dal regime statunitense dei Qualified Intermediaries sono reputati troppo costosi.

Gli intermediari dovrebbero poter assumere lo status di withholding agent a condizioni omogenee a quelle previste per gli intermediari residenti. Tuttavia gli intermediari non dovrebbero essere responsabili per l’omesso prelievo dell’imposta se hanno agito in buona fede ed hanno profuso i loro migliori sforzi per identificare i beneficiari effettivi.

Recupero dell’imposta non prelevata dagli intermediari non residenti con lo status di «non-responsible withholding agent»

Per recuperare l’imposta non prelevata e le sanzioni lo Stato di residenza dell’emittente dei titoli potrebbe far ricorso alla direttiva 76/308/CEE del 15 marzo 1976 «sull’assistenza reciproca in materia di crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte ed altre misure» (ora direttiva 2008/55/CEE del 26 maggio 2008), ma soltanto come ultima ratio per il fatto che tale Stato disporrebbe comunque della facoltà di disconoscere lo status di withholding agent agli intermediari che si siano resi autori di violazioni.

Armonizzazione delle procedure adottate dagli Stati membri per il riconoscimento degli sgravi d’imposta

Le difformità attualmente esistenti fra le procedure adottate dagli Stati membri per il riconoscimento degli sgravi d’imposta comportano per gli intermediari il sostenimento di maggiori costi. Il GF ritiene pertanto che, per rendere più efficienti in sede intracomunitaria i processi di Clearing & Settlement, dovrebbe essere introdotta una procedura comunitaria armonizzata per l’applicazione degli sgravi d’imposta che dovrebbe prevedere regole uniformi in ordine ai termini di prelievo dell’imposta e versamento all’Amministrazione finanziaria, agli obblighi di rendicontazione, alla documentazione e al suo periodo di validità, alla prescrizione del diritto al rimborso dell’imposta, alla lavorazione delle istanze di rimborso e, infine, ai controlli sul corretto assolvimento da parte degli intermediari delle loro obbligazioni.

Per l’applicazione diretta degli sgravi d’imposta non dovrebbe essere più richiesto un certificato di residenza fiscale rilasciato dall’Amministrazione finanziaria dello Stato di residenza dell’effettivo beneficiario, ma dovrebbe essere sufficiente l’acquisizione, per le persone fisiche, delle informazioni assunte all’instaurazione del rapporto e, per gli altri soggetti, di un’autocertificazione, che dovrebbe essere rinnovata solo se intervengano variazioni.

Secondo il GF le procedure di rimborso dovrebbero essere standardizzate tramite l’adozione di certificazioni di residenza fiscale uniformi, la fissazione di termini omogenei per la presentazione delle istanze di rimborso non inferiori a quattro o a cinque anni e la loro canalizzazione presso un solo ufficio competente e dovrebbero essere introdotte apposite procedure per la correzione degli errori di versamento e per il rimborso accelerato delle imposte.

Sebbene la semplificazione delle normative fiscali degli Stati membri esorbitasse dal mandato del GF, che aveva esclusivamente ad oggetto la semplificazione delle procedure di applicazione degli sgravi di imposta, nel par. 2.4. del rapporto è rilevato che i regimi fiscali che impongono di prelevare l’imposta sui redditi maturati nel periodo di possesso di ciascun investitore, quale il regime del D.Lgs. 1° aprile 1996, n. 239, nonché transazione per transazione, quale il regime del risparmio amministrato, comportano per gli intermediari maggiori oneri rispetto a quelli gravanti sugli intermediari nazionali in quanto i costi da sostenere per la gestione di tali regimi possono essere ripartiti su un minore numero di clienti.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE
Procedure armonizzate 
Le difformità esistenti fra le procedure adottate dagli Stati membri per il riconoscimento degli sgravi d’imposta comportano per gli intermediari il sostenimento di maggiori costi.
Il Gruppo Fisco ritiene che dovrebbe essere introdotta una procedura comunitaria armonizzata con regole uniformi in ordine ai termini di prelievo dell’imposta e versamento all’Amministrazione finanziaria, agli obblighi di rendicontazione, alla documentazione e al suo periodo di validità, alla prescrizione del diritto al rimborso dell’imposta, alla lavorazione delle istanze di rimborso e, infine, ai controlli sul corretto assolvimento da parte degli intermediari delle loro obbligazioni.

Raccomandazione della Commissione «sulle procedure per l’applicazione degli sgravi d’imposta»

La Commissione, sulla base delle proposte formulate dal GF, ha adottato il 19 ottobre 2009 una «Raccomandazione sulle procedure per l’applicazione degli sgravi d’imposta». Tale raccomandazione, essendo priva di valore vincolante, si propone di fornire agli Stati membri le direttive atte ad assicurare che le procedure di applicazione degli sgravi d’imposta non ostacolino il funzionamento del mercato unico.

La Raccomandazione mira a consentire l’implementazione di più efficienti procedure da parte degli Stati membri per l’applicazione degli sgravi d’imposta accordati non solo dalle convenzioni fiscali, ma anche dalla normativa interna sui redditi di provenienza comunitaria derivanti da titoli conseguiti da investitori residenti negli Stati membri della UE per il tramite di uno o più intermediari finanziari residenti nei predetti Stati.

Agli Stati membri della UE sono equiparati gli Stati membri dell’EFTA che prevedono un livello di assistenza amministrativa equivalente a quello assicurato dalla direttiva 77/799/CEE del 19 dicembre 1977 «relativa alla reciproca assistenza fra le Autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette» («direttiva 799») e dalla direttiva 2008/55/CE del 26 maggio 2008 «sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte ed altre misure».

Riconoscimento agli intermediari non residenti dello status di «information agent» e «withholding agent» e applicazione degli sgravi alla fonte

Secondo la Commissione, per assicurare condizioni di concorrenza fra gli intermediari finanziari comunitari, è opportuno ammettere la partecipazione alle procedure di applicazione delle ritenute, come information agent ovvero come withholding agent, anche di intermediari finanziari residenti in Stati membri diversi da quello della fonte. Si intendono per information agent gli intermediari finanziari autorizzati dallo Stato della fonte a verificare la legittimazione dell’investitore allo sgravio fiscale e alla comunicazione di queste informazioni all’intermediario finanziario successivo nella catena dei depositari così da raggiungere lo withholding agent, mentre per withholding agent gli intermediari finanziari con lo status di information agent autorizzati dallo Stato membro della fonte ad assumersi l’obbligo di prelevare la ritenuta alla fonte con l’aliquota corretta e di versarla poi alle relative Autorità fiscali.

La Raccomandazione invita gli Stati membri ad accordare direttamente alla fonte gli sgravi d’imposta al momento del pagamento dei proventi dei titoli, se siano disponibili le informazioni necessarie. Nei casi eccezionali in cui questo non fosse possibile, gli Stati della fonte sono invitati ad introdurre procedure di rimborso veloci standardizzate. In tali casi le procedure così introdotte devono prevedere:

  1. l’autorizzazione agli information agents e ai withholding agent di presentare le richieste di rimborso alle Autorità fiscali dello Stato membro della fonte per conto degli investitori;
  2. l’uso di un solo punto di contatto per la presentazione e la gestione di tutte le richieste di rimborso e la pubblicazione delle informazioni relative alle procedure di rimborso su un sito internet in almeno una lingua utilizzata nell’ambito della finanza internazionale;
  3. l’uso di moduli comuni per le richieste di rimborso che dovrebbero essere compilabili elettronicamente;
  4. la concessione del rimborso in un periodo di tempo ragionevole e, normalmente, almeno entro sei mesi dalla ricezione della richiesta di rimborso da parte della competente Autorità fiscale, qualora siano disponibili tutte le necessarie informazioni.

Secondo la Raccomandazione l’intermediario finanziario più vicino all’investitore è normalmente nella migliore posizione per assumere lo status di withholding agent, anche se non abbia la residenza fiscale nello Stato membro della fonte. Tuttavia, quando così non sia e i titoli siano posseduti tramite una catena di information agent:

  1. l’information agent più vicino all’investitore dovrebbe verificare se l’investitore è legittimato all’esonero da ritenuta e conservare la documentazione ricevuta;
  2. l’information agent più vicino all’investitore dovrebbe comunicare allo Stato membro della fonte le informazioni relative all’investitore o annualmente o dietro richiesta;
  3. ogni information agent nella catena dei depositi dovrebbe trasmettere le informazioni relative alle aliquote di ritenuta applicabili a gruppi di investitori non identificati all’information agent successivo così da raggiungere il withholding agent;
  4. il withholding agent dovrebbe applicare direttamente alla fonte l’esonero da ritenuta sulla base delle informazioni relative alle aliquote applicabili ai diversi gruppi di investitori.

Inoltre, gli Stati membri sono invitati a subordinare la concessione dell’autorizzazione ad assumere lo status di information o withholding agent a requisiti ed obblighi che siano proporzionati e non discriminatori.

Documentazione della spettanza degli sgravi d’imposta

La Raccomandazione invita gli Stati membri ad ammettere prove alternative al certificato di residenza fiscale per la concessione degli sgravi fiscali, quale l’autocertificazione del beneficiario effettivo e la documentazione acquisita dagli information agents in adempimento degli obblighi posti dalla direttiva 2004/39/CE del 21 aprile 2004 sui mercati degli strumenti finanziari, prevedendo regole meno rigide per richieste di rimborso inferiori a 1.000 euro.

Gli Stati membri sono invitati a definire apposite procedure per verificare l’assolvimento da parte degli information e withholding agent delle obbligazioni poste a loro carico, quali controlli singoli o congiunti delle Autorità fiscali dello Stato membro della fonte, di quelle dello Stato membro in cui è localizzato l’information o withholding agent e da revisori esterni.

PROSPETTIVE FUTURE
Documentazione della spettanza degli sgravi fiscali

La Raccomandazione della Commissione UE invita gli Stati membri ad ammettere prove alternative al certificato di residenza fiscale per la concessione degli sgravi, quale l’autocertificazione del beneficiario effettivo e la documentazione acquisita dagli «information agents», prevedendo regole meno rigide per richieste di rimborso inferiori a 1.000 euro. Gli Stati membri sono invitati a definire apposite procedure per verificare l’assolvimento da parte degli «information» e «withholding agent» delle obbligazioni poste a loro carico, quali controlli singoli o congiunti delle Autorità fiscali dello Stato membro della fonte, delle Autorità fiscali dello Stato membro in cui è localizzato l’«information» o «withholding agent» e da revisori esterni.

Sottogruppo T-BAG costituito presso la Commissione UE

Recentemente la Commissione ha costituito nell’ambito del Gruppo di Lavoro CESAME 2 un sottogruppo, denominato Tax Barriers Business Advisory Group o T-BAG (2), composto da esperti dell’industria finanziaria per l’esame del follow up della Raccomandazione e delle problematiche fiscali del post trading ancora irrisolte. È quindi opportuno verificare lo stato di attuazione di tale Raccomandazione in Italia.

Procedure per la concessione degli sgravi previste dalla legge fiscale italiana

Applicazione alla fonte degli sgravi d’imposta e status di «information» o «withholding agent» per gli intermediari non residenti

Per quanto attiene alle procedure di applicazione degli sgravi d’imposta la legge italiana risulta adeguata alla Raccomandazione per il fatto che gli sgravi d’imposta interni e convenzionali possono essere già accordati alla fonte dagli intermediari sotto la loro responsabilità. Tuttavia tale normativa ancora non consente di assumere la qualità di withholding agent anche a intermediari non residenti non soggetti ad imposta in Italia. Sebbene l’art. 23 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 sia formulato nel senso di riconoscere lo status di sostituto d’imposta a tutte le società e gli enti indicati nell’art. 73 del T.U.I.R., è stato chiarito che possono assumere tale status soltanto le società non residenti con stabile organizzazione in Italia (3) o, comunque, quelle che, pur se prive di tale stabile organizzazione, siano ivi soggette ad imposta sui loro redditi (4).

Tale limitazione sussiste anche per l’imposta sostitutiva a cui sono soggetti gli interessi delle obbligazioni e titoli similari emessi dai ccdd. grandi emittenti. È bensì vero che l’art. 9 del D.Lgs. n. 239/1996 equipara «alle banche e alle società di intermediazione mobiliare di cui all’art. 7, comma 1, gli enti e le società non residenti che aderiscono a sistemi di amministrazione accentrata dei titoli e intrattengono rapporti diretti con il Ministero delle finanze». Tuttavia tale disposizione impone loro di «nominare quale rappresentante … una banca o una società di intermediazione mobiliare, residente nel territorio dello Stato, una stabile organizzazione in Italia di banche o di società di intermediazione mobiliare estere non residenti ovvero una società di gestione accentrata di strumenti finanziari» (5).

Analoga conclusione vale anche per quanto attiene all’imposta sostitutiva a cui sono soggetti i dividendi pagati su azioni in gestione accentrata presso Monte Titoli s.p.a. L’art. 27-ter del D.P.R. n. 600/1973 stabilisce infatti che «gli intermediari non residenti … nominano quale loro rappresentante fiscale in Italia una banca o una società di intermediazione mobiliare, residente nel territorio dello Stato, una stabile organizzazione in Italia di banche o di imprese di investimento non residenti, ovvero una società di gestione accentrata di strumenti finanziari» (6). Lo stesso Ministero delle finanze ha precisato che le trascritte disposizioni non consentono agli intermediari non residenti di assumere in proprio l’obbligazione d’imposta (7).

Sennonché il principio per cui i soggetti non residenti non possono assumere lo status di withholding agent se non sono soggetti ad imposta in Italia è derogato per le imposte sostitutive applicabili sui redditi compresi nei capitali corrisposti sulla base di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione. Il terzo comma dell’art. 26-ter del D.P.R. n. 600/1973 legittima ad applicare tale imposta sostitutiva non solo il rappresentante fiscale scelto fra i soggetti indicati nell’art. 23, che risponde in solido con l’impresa di assicurazione estera, ma anche le stesse imprese di assicurazione estere operanti nel territorio dello Stato in regime di libertà di prestazione di servizi.

Peraltro, gli intermediari non residenti con lo status di withholding agent dovrebbero risultare destinatari degli stessi obblighi di comunicazione e dichiarazione degli intermediari residenti. Il riconoscimento di tale facoltà non può costituire lo strumento per la fruizione di un regime più favorevole di quello di cui fruiscono gli intermediari residenti in quanto, diversamente, per eliminare una possibile disparità di trattamento a danno dei primi, si introdurrebbe una sicura disparità di trattamento a danno dei secondi.

Per contro, la legge italiana non risulta adeguata alla Raccomandazione nell’eventualità in cui, non essendo possibile applicare gli sgravi alla fonte, sia chiesto il rimborso dell’imposta indebitamente pagata. È vero che le procedure di rimborso sono oggi accentrate presso l’Ufficio di Pescara. Tuttavia non solo non sono previste procedure di rimborso accelerato, se non per gli OICVM dedicati a soggetti non residenti, ma i tempi di rimborso sono un multiplo dei cinque mesi proposti dalla Raccomandazione, superando sei anni. Il ricorso alla procedura di rimborso rimane però limitato ai casi di omessa applicazione degli sgravi alla fonte.

IL PROBLEMA APERTO
Rimborso dell’imposta indebitamente pagata
La legge italiana non risulta adeguata alla Raccomandazione della Commissione UE nell’eventualità in cui, non essendo possibile applicare gli sgravi alla fonte, sia chiesto il rimborso dell’imposta indebitamente pagata. È vero che le procedure di rimborso sono oggi accentrate presso l’Ufficio di Pescara, tuttavia non solo non sono previste procedure di rimborso accelerato, se non per gli OICVM dedicati a soggetti non residenti, ma i tempi di rimborso sono un multiplo dei cinque mesi proposti dalla Raccomandazione, superando sei anni.

Controllo sugli «information agent» e «withholding agent» non residenti

La legge italiana non consente di attribuire il potere di controllo all’Amministrazione finanziaria di altri Stati od a revisori privati esterni. Peraltro, la Raccomandazione, invitando gli Stati membri a demandare il controllo degli agent, singolarmente o congiuntamente, all’Amministrazione finanziaria dello Stato della fonte, a quello dello Stato di residenza dell’intermediario o a revisori esterni, consente allo Stato membro della fonte di riservare alla propria Amministrazione finanziaria l’esercizio di tale controllo. L’Amministrazione finanziaria dello Stato membro di residenza dell’intermediario potrebbe non avere alcun interesse a verificare il corretto assolvimento degli obblighi di imposizione alla fonte previsti dalla normativa fiscale degli altri Stati membri posto che lo svolgimento di tale attività di verifica per conto di un altro Stato membro non solo non genererebbe un incremento delle entrate tributarie, ma comporterebbe il sostenimento di oneri rilevanti. Lo Stato membro di residenza dell’intermediario dovrebbe accertare, non solo se i proventi siano stati effettivamente corrisposti ad un determinato beneficiario, ma anche se tali proventi sono riconducibili fra quelli per i quali è accordato lo sgravio fiscale.

Comunque, possono essere demandate a revisori esterni le sole attività di accertamento dei fatti, quali appunto la verifica della rispondenza delle registrazioni contabili ai fatti aziendali, della correttezza delle procedure gestionali adottate e della regolarità formale della documentazione. Le attività di accertamento della corretta applicazione delle norme, quali la verifica dei requisiti di applicabilità degli sgravi fiscali, non può che spettare allo Stato di residenza della fonte. È impensabile infatti che i revisori esterni possano interpretare ed applicare le norme di ciascuno degli Stati membri. Peraltro, l’Italia, anche nel caso in cui si riservasse il potere di controllo sugli intermediari non residenti, potrebbe non essere in grado di esercitarlo. La portata degli obblighi di assistenza che la direttiva 799 pone a carico degli Stati membri è piuttosto limitata, pur tenendo conto dei significativi miglioramenti ad essa apportati sulla base delle proposte formulate dal Gruppo di Lavoro ad hoc sulle frodi fiscali insediato presso la Commissione.

In particolare, la direttiva non sembra consentire di ottenere informazioni anche per categorie di contribuenti. Ed infatti, se da un lato l’art. 2 legittima gli Stati membri ad ottenere assistenza amministrativa dagli altri Stati soltanto su richiesta e per casi specifici, dall’altro lato, l’art. 3 ammette forme di assistenza automatica solo qualora «si tratti di certe categorie di casi determinati nell’ambito della procedura di consultazione prevista dall’art. 9» e cioè sulla base delle consultazioni effettuate in seno ad un comitato fra «le Autorità competenti degli Stati membri in causa, su richiesta di una delle due parti nel caso di questioni bilaterali» ovvero «le Autorità competenti dell’insieme degli Stati membri e della Commissione, su richiesta di una di dette Autorità o della Commissione, soltanto nei casi in cui non si tratti di questioni esclusivamente bilaterali». Infine, l’art. 6 prevede che l’Amministrazione di uno Stato membro possa inviare propri funzionari presso l’amministrazione finanziaria di un altro Stato membro, ma soltanto dietro sua autorizzazione (8).

Ed ancora, la direttiva non prevede termini perentori per la trasmissione delle informazioni richieste da parte dello Stato membro adito allo Stato membro richiedente. L’art. 5 si limita infatti a stabilire che «l’Autorità competente dello Stato membro che dovrà fornire le informazioni in virtù dei precedenti articoli», e cioè dietro richiesta ed in via automatica, «provvede alla loro trasmissione con la massima sollecitudine» e che «in caso di difficoltà o di rifiuto di fornire tali informazioni, detta Autorità competente dovrà immediatamente informare l’Autorità richiedente, indicando la natura degli ostacoli o le ragioni del rifiuto».

La direttiva 799 non obbliga gli Stati membri interpellati a fornire informazioni agli Stati membri richiedenti quando non lo consenta la propria legislazione o prassi amministrativa. Stabilisce infatti il par. 1 dell’art. 8 che tale direttiva «non impone allo Stato membro al quale sono richieste informazioni alcun obbligo di effettuare indagini o di comunicare informazioni, se la legislazione o la prassi amministrativa di tale Stato non consente all’Autorità competente di condurre tali indagini o di raccogliere le informazioni richieste». Pertanto, gli Stati membri non devono fornire le informazioni richieste quando la propria legislazione interna o prassi amministrativa tuteli il segreto bancario (9).

Per superare i problemi così evidenziati la Commissione ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale. Tale proposta prevede, all’art. 6, non solo che «per procurarsi le informazioni richieste o condurre l’indagine amministrativa richiesta l’Autorità interpellata procede come se agisse per conto proprio o su richiesta di un’altra Autorità del proprio Stato membro», ma anche, all’art. 7, che «l’Autorità interpellata comunica le informazioni di cui all’art. 5 al più presto e comunque entro sei mesi dalla data di ricevimento della richiesta» e «se le informazioni sono già in possesso dell’Autorità interpellata» entro «un mese». Inoltre, la proposta medesima se da un lato, all’art. 16, «non impone allo Stato membro al quale sono richieste informazioni alcun obbligo di effettuare indagini o di comunicare informazioni, se la legislazione di tale Stato membro non consentirebbe di condurre tali indagini o di raccogliere le informazioni richieste per fini propri» e consente di rifiutare «la trasmissione di informazioni … qualora comporti la divulgazione di un segreto commerciale, industriale o professionale, di un processo commerciale o di un’informazione la cui divulgazione sia contraria all’ordine pubblico», dall’altro lato all’art. 17, esclude che tali disposizioni possano essere interpretate «nel senso di autorizzare l’Autorità interpellata di uno Stato membro a rifiutare di fornire informazioni concernenti una persona che risiede a fini fiscali nello Stato membro dell’Autorità richiedente solamente perché tali informazioni sono detenute da una banca, da un altro istituto finanziario, da una persona designata o che agisce in qualità di agente o fiduciario o perché si riferiscono agli interessi proprietari di una persona».

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE
Adeguamento della legge italiana

Per quanto attiene alla documentazione degli sgravi d’imposta, la legge italiana risulta parzialmente adeguata alla Raccomandazione della Commissione UE, essendo l’utilizzo dell’autocertificazione di residenza fiscale ammesso per l’applicazione tutti i principali regimi di esonero previsti per gli interessi e altri proventi dei titoli diversi dalle azioni. Tuttavia, rimane tuttora necessario l’utilizzo del certificato di residenza fiscale per l’applicazione degli sgravi convenzionali per i dividendi e gli interessi dei titoli. La facoltà di utilizzare l’autocertificazione dovrebbe coerentemente essere prevista anche per tali tipologie di reddito, non essendovi motivo di non considerare valida una autocertificazione che è considerata valida agli effetti dell’applicazione degli sgravi d’imposta previsti dalla normativa interna.

Documentazione della spettanza degli sgravi d’imposta

Per quanto attiene alla documentazione degli sgravi d’imposta la legge italiana risulta già parzialmente adeguata con la Raccomandazione. L’utilizzo dell’autocertificazione di residenza fiscale è ammesso per l’applicazione di tutti i principali regimi di esonero previsti per gli interessi e altri proventi dei titoli diversi dalle azioni, in forza della circolare dell’Agenzia delle entrate 23 marzo 2002, n. 23/E (10).

Inoltre, per l’applicazione del regime di esclusione delle plusvalenze dei titoli negoziati in mercati regolamentati il Ministero delle finanze nella C.M. 26 ottobre 1999, n. 207/E (11) ha a suo tempo reputato sufficiente l’autocertificazione dei percipienti di non essere residenti in Italia, mentre per i ccdd. conti omnibus e cioè i conti «intrattenuti da intermediari non residenti per conto di propri clienti anch’essi non residenti», la dichiarazione degli intermediari non residenti titolari dei conti secondo cui «tutti i soggetti per conto dei quali sono intrattenuti i predetti rapporti non sono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato italiano» (12).

Per contro, rimane tuttora necessario l’utilizzo del certificato di residenza fiscale per l’applicazione degli sgravi convenzionali per i dividendi e gli interessi dei titoli. Pertanto, la facoltà di utilizzare l’autocertificazione dovrebbe coerentemente essere prevista anche per tali tipologie di reddito, non essendovi motivo di non considerare valida una autocertificazione che è considerata valida agli effetti dell’applicazione degli sgravi d’imposta previsti dalla normativa interna (13).

Considerazioni conclusive

La legge italiana risulta già per lo più adeguata alla Raccomandazione della Commissione. Tuttavia rimane ancora molto da fare per quanto attiene, non solo alla permanenza dell’obbligo di nomina di un rappresentante fiscale da parte degli intermediari non residenti, ma anche ai tempi di erogazione dei rimborsi. Non è ragionevole erogare i rimborsi dopo più di sei anni dalla richiesta e richiedere a distanza di dieci anni nuovi documenti prima non richiesti.

Note:

(1) Cfr. http://ec.europa.eu/internal_market/financial-markets/clearing/compliance_en.htm

(2) Cfr. http://ec.europa.eu/internal_market/financial-markets/clearing/tbbag_en.htm

(3) Cfr. C.M. 15 dicembre 1973, n. 1/RT, in Banca Dati BIG, IPSOA.

(4) Cfr. nota del Ministero delle finanze 8 luglio 1980, n. 12/649, in Banca Dati BIG, IPSOA.

(5) Tale rappresentante deve poi provvedere al «versamento dell’imposta sostitutiva per conto dell’ente o della società rappresentata; alla conservazione della documentazione … ed a fornire, su richiesta dell’Amministrazione finanziaria, ogni notizia o documento utile per l’individuazione degli interessi … corrisposti senza l’applicazione dell’imposta sostitutiva, e dei relativi percettori».

(6) Tale rappresentante risponde dell’adempimento dei propri compiti «negli stessi termini e con le stesse responsabilità previste per i soggetti … residenti in Italia e provvede a versare l’imposta sostitutiva … effettuare le comunicazioni di cui all’articolo 7 della legge 29 dicembre 1962, n. 1745; conservare la documentazione … e a fornire, entro 15 giorni dalla richiesta dell’Amministrazione finanziaria, ogni notizia o documento utile per comprovare il corretto assolvimento degli obblighi riguardanti l’imposta sostitutiva».

(7) La C.M. 24 giugno 1998, n. 165/E, in Banca Dati BIG, IPSOA, precisa che «la suesposta previsione risponde all’esigenza di dare all’Amministrazione le stesse garanzie del sistema attuale, che pone come cardine la figura del sostituto d’imposta» e che «a questo proposito, dato che la posizione attribuita agli intermediari è quella del responsabile del pagamento dell’imposta, già presente nel D.Lgs. n. 239/1996, si è reso necessario stabilire che, per quanto riguarda gli intermediari non residenti, il soggetto responsabile degli adempimenti di natura fiscale non può essere rappresentato dall’intermediario estero che, in quanto tale, non è suscettibile di controlli e di sanzioni».

(8) «L’Autorità competente dello Stato membro che fornisce le informazioni e l’Autorità competente dello Stato al quale le informazioni sono destinate, possono accordarsi nel quadro della procedura di consultazione di cui all’art. 9, per autorizzare la presenza, nel primo Stato membro, di funzionari dell’amministrazione fiscale dell’altro Stato membro». (9) Nella sua relazione il «Gruppo di lavoro ad hoc sulla frode fiscale», dopo aver rilevato che «le restrizioni allo scambio di informazioni in particolare su dati personali e alla rivelazione di segreti commerciali ed industriali, nonché il segreto bancario stesso, nonostante i loro fini legittimi, possono in certi casi ostacolare il controllo», aveva raccomandato di «prendere in considerazione l’eventuale introduzione di deroghe alle varie disposizioni relative al segreto che impediscono o ritardano lo scambio di informazioni». Tuttavia anche questa raccomandazione è rimasta inascoltata in quanto la direttiva ha sì riformulato il par. 1 dell’art. 8 della direttiva 799, ma solo per chiarire che, perché il rifiuto di uno Stato membro di fornire le informazioni richieste possa risultare ammissibile, non basta che la sua legislazione e prassi non preveda l’obbligo di reperirle, ma occorre che vieti loro di reperirle anche per fini propri.

(10) La richiesta di recente formulata dall’Agenzia delle entrate agli intermediari di esporre il codice fiscale italiano, non solo del contribuente, ma anche del suo rappresentante legale costituisce una complicazione che rischia di disincentivare gli investimenti esteri in Italia.

(11) In Banca Dati BIG, IPSOA.

(12) Tuttavia, l’Ufficio di Pescara, nel caso in cui l’esclusione non sia stata applicata alla fonte, ha negato il rimborso dell’imposta sostitutiva a distanza di quasi dieci anni dalla presentazione delle istanze di rimborso, deducendo che dovrebbe essere fornita una autocertificazione degli effettivi beneficiari. Tale diniego, non solo si pone in contrasto con i chiarimenti forniti dal Ministero delle finanze, ma proprio perché espresso dopo così lungo tempo viola il loro legittimo affidamento.

(13) Del resto, l’OCSE nel «Rapporto del gruppo pilota sull’implementazione delle procedure di applicazione degli sgravi fiscali» ha proposto di legittimare gli intermediari a concedere tali sgravi dietro produzione di semplici autocertificazioni di residenza.

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