I servizi digitali finanziari esclusi

I servizi digitali finanziari esclusi

di Gabriele Escalar e Alessandro Siragusa in “L’imposta sui servizi digitali”, a cura di Eugenio della Valle e Guglielmo Fransoni, CEDAM, 2021

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. L’esclusione relativa alla fornitura di servizi di pagamento – 3. L’esclusione relativa alla messa a disposizione di un’interfaccia utilizzata per gestire sedi di negoziazione ed altri servizi finanziari – 4. L’esclusione relativa alla messa a disposizione di interfacce che prestino servizi di intermediazione in investimenti e in finanziamenti partecipativi – 5. L’esclusione relativa alla cessione di dati da parte di soggetti che forniscono servizi finanziari esclusi.

1. Premessa

Con disposizioni in larga parte di formulazione analoga a quelle dei parr. 4 e 5 dell’art. 3 della Proposta di Direttiva COM(2018) 148 final, le lett. c) e d) del comma 37-bis dell’art. 1 della Legge 145/2018, non considerano soggetti ad ISD i servizi di messa a disposizione di interfacce digitali, rispettivamente, per la fornitura in via esclusiva o principale agli utenti, fra l’altro, di servizi di pagamento ovvero per la negoziazione e l’esecuzione delle transazioni su strumenti finanziari, mentre la lett. e) del medesimo comma non considera soggetti alla predetta imposta le cessioni di dati da parte di soggetti che forniscono i servizi finanziari inclusi in tale elenco.

Tanto il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate prot. n. 13185/2021 (1) (“il Provvedimento”), quanto la Circolare n. 3/2021 qualificano le fattispecie di inapplicabilità dell’ISD previste dal comma 37-bis come “esclusioni”. Pertanto tali fattispecie dovrebbero concorrere a delimitare il presupposto di tale imposta.

Senonché, come si vedrà, soltanto alcune di esse sono effettivamente configurabili come esclusioni posto che, se i servizi di messa a disposizione di interfacce digitali per la fornitura di servizi di pagamento non sembrano in effetti configurabili come servizi digitali ai sensi del comma 37, non altrettanto si può dire per i servizi finanziari di cui alla lett. d) consistenti nella messa a disposizione di interfacce digitali per la negoziazione e l’esecuzione delle transazioni su strumenti finanziari e quelli di cui alla lett. e), consistenti nelle cessioni di dati da parte di soggetti che forniscono i predetti servizi finanziari. Ed infatti tali servizi sarebbero di per sé configurabili come servizi di intermediazione ovvero come servizi di trasmissione di dati, rispettivamente, ai sensi delle lett. b) e c) del precedente comma 37.

Inoltre, la portata delle esclusioni previste dall’art. 2.3. del Provvedimento è più ampia di quelle previste dalla Proposta di Direttiva e dallo stesso comma 37-bis non solo perché si estende anche a servizi finanziari non espressamente previsti dalla Proposta di Direttiva, ma anche perché la predetta disposizione esclude dall’ISD anche le prestazioni di servizi accessorie ad operazioni escluse.

2. L’esclusione relativa alla fornitura di servizi di pagamento

La lett. c) del comma 37-bis stabilisce che non si considerano servizi digitali soggetti ad ISD i servizi di messa a disposizione di interfacce digitali che abbiano come scopo esclusivo o principale la fornitura agli utenti di servizi di pagamento da parte del soggetto che gestisce l’interfaccia. Tale disposizione non individua espressamente a questo fine la nozione di servizi di pagamento, né l’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 3 ha fornito alcun chiarimento a questo riguardo.

Tuttavia v’è da ritenere che siano configurabili come tali in via generale tutti i servizi previsti dalla lett. h-septies.1) del Testo Unico Bancario (d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385) (2) e, quindi, i servizi, che possono essere resi attraverso interfacce digitali, aventi ad oggetto la gestione di conti di pagamento, l’emissione di strumenti di pagamento e l’esecuzione di operazioni di pagamento e cioè di trasferimento di fondi, che possono essere detenuti tanto presso i fornitori dei servizi di pagamento, quanto presso terzi (3) . Ed infatti, i servizi di pagamento resi attraverso interfacce digitali non sembrano configurabili come servizi digitali.

In particolare, escluso che tali servizi rientrino fra quelli di cui alla lett. a) e alla lett. c) del comma 37, sembra altresì da escludere che possano rientrare fra quelli di cui alla lett. b) del comma 37, e cioè fra i servizi di messa a disposizione di interfacce digitali che consentono agli utenti di entrare in contatto o interagire tra loro anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi. Ed infatti l’emissione di strumenti di pagamento e la gestione di conti di pagamento attraverso interfacce digitali comportano esclusivamente una relazione diretta fra i singoli utenti ed il prestatore del servizio di pagamento e non anche quindi fra gli utenti. D’altro canto, l’esecuzione attraverso interfacce digitali di operazioni di pagamento, pur potendo implicare una relazione fra gli utenti di tali interfacce, non è volta a consentire loro non solo di concludere cessioni di beni o prestazioni di servizi, ma neppure di entrare in contatto o di interagire per il fatto che tali utenti hanno già precedentemente instaurato una relazione giuridica da cui trae titolo il pagamento.

È significativo rilevare in questo senso che lo stesso considerando (12) della Proposta di Direttiva precisa espressamente che le interfacce digitali attraverso cui sono prestati servizi di pagamento non generano interazioni fra i loro utenti, per il fatto che costoro non sono messi in contatto fra loro dall’interfaccia, ma hanno già instaurato una relazione che comporta la necessità di trasferire fondi dall’uno all’altro e si avvalgono dei servizi di pagamento prestati dall’interfaccia per eseguire tale trasferimento (4) . Pertanto l’utilizzo delle interfacce in tal caso non genera un valore autonomo rispetto a quello generato dall’esecuzione dei servizi di pagamento.

Coerentemente con la sua ratio, l’esclusione relativa alla fornitura di servizi di pagamento riguarda tanto l’ipotesi in cui il gestore della piattaforma addebiti ai suoi utenti un canone periodico per fruire dei servizi di pagamento, quanto quello in cui addebiti delle commissioni per l’esecuzione di singoli servizi di pagamento. Anche in quest’ultimo caso, infatti, tali commissioni continuano a remunerare tali servizi e non servizi di intermediazione nella cessione di beni o nella prestazione di servizi.

Ricostruita la portata dell’esclusione introdotta dalla lett. c) del comma 37-bis, rimane da individuare il contenuto della condizione ivi prevista secondo cui tale esclusione spetta a condizione che la fornitura di servizi di pagamento costituisca lo scopo esclusivo o principale della messa a disposizione delle interfacce digitali.

Innanzitutto i servizi di pagamento dovrebbero comunque ritenersi non soggetti all’ISD anche se la messa a disposizione dell’interfaccia non abbia come scopo esclusivo o principale la loro fornitura. Ed infatti la non configurabilità dei predetti servizi come servizi digitali ai sensi del comma 37 non può che comportare in ogni caso la loro non assoggettabilità alla predetta imposta.

Del resto, la conclusione esposta, nel caso in cui l’interfaccia abbia come scopo principale la prestazione agli utenti di servizi di intermediazione nella cessione di beni o nella prestazione di servizi imponibili ai sensi della lett. b) del comma 37, trova espressa conferma nella lett. a) del comma 37-bis, laddove esclude da ISD la “fornitura diretta di beni e servizi nell’ambito di servizi di intermediazione digitale”, posto che la prestazione di servizi di pagamento mediante un’interfaccia digitale, come si è visto, dà luogo ad una fornitura diretta di servizi agli utenti.

Stabilito quindi che i servizi di pagamento non possono ritenersi come tali soggetti all’ISD, è giocoforza concludere che la condizione posta dalla lett. c) del comma 37-bis sia volta essenzialmente ad escludere da tale imposta i servizi digitali, allorché siano prestati tramite la messa a disposizione di interfacce digitali che abbiano come scopo principale la prestazione di servizi di pagamento. Ed infatti, in tal caso, la messa a disposizione di tali interfacce è preordinata a prestare servizi di pagamento agli utenti e non a consentire la loro messa in contatto od interazione, con la conseguenza che la generazione di valore è principalmente ricollegabile alla prestazione dei predetti servizi. Pertanto, se non possono giammai fruire della predetta esclusione i servizi digitali di cui alle lett. a) e c) del comma 37, e cioè i servizi di veicolazione su un’interfaccia di pubblicità mirata e quelli di trasmissione di dati raccolti da utenti, non essendo resi tramite la messa a disposizione di interfacce digitali, possono invece fruirne in via generale i servizi di cui alla lett. b) del medesimo articolo posto che i secondi, a differenza dei primi, presuppongono proprio la messa a disposizione di tali interfacce a favore dei relativi utenti (5).

Senonché l’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 3, dopo aver ricordato che nell’ambito dei servizi previsti da quest’ultima disposizione rientrerebbero tanto i “servizi di rete sociale” (6) quanto i “servizi di intermediazione” (7) nella cessione di beni o nella prestazione di servizi, ha precisato che i secondi rimarrebbero soggetti ad ISD, anche se siano resi tramite la messa a disposizione di interfacce digitali che abbiano come scopo principale la fornitura di servizi di pagamento (8).

Il motivo per cui l’Agenzia delle Entrate è pervenuta ad una siffatta conclusione può essere desunto dai chiarimenti forniti nella predetta circolare per quanto attiene ai servizi di fornitura di videogiochi prestati da piattaforme di giochi online esclusi da ISD dalla lett. c) dal comma 37-bis (9) . Ed infatti essa ha precisato che tale esclusione comprenderebbe i soli servizi di rete sociale consistenti nella messa a disposizione di un’interfaccia di gioco in cui operano i giocatori, ma non anche i servizi di messa a disposizione di un’interfaccia per la cessione di giochi fra gli utenti in quanto la prestazione di questi ultimi servizi darebbe luogo ad un’attività “altra e separata” di intermediazione di contenuti digitali (10).

La tesi così esposta non sembra condivisibile non solo perché il comma 37-bis esclude da ISD tout court la messa a disposizione degli utenti di interfacce digitali che abbiano come scopo principale quello di fornire loro servizi di pagamento, indipendentemente dalla natura degli ulteriori servizi digitali prestati agli utenti medesimi, ma anche perché, in tal caso, la generazione di valore è ricollegabile essenzialmente dalla prestazione dei servizi di pagamento. Comunque, al di là di tale considerazione, la prescrizione contenuta nel par. 2.3. del Provvedimento, secondo cui, come si è visto, sono comunque escluse (11) da ISD le prestazioni di servizi accessori ad operazioni escluse , potrebbe risultare idonea ad estendere l’esclusione anche ai servizi di intermediazione nella cessione di beni o prestazioni di servizi che siano resi in via accessoria rispetto a servizi di pagamento (12).

3. L’esclusione relativa alla messa a disposizione di un’interfaccia utilizzata per gestire sedi di negoziazione ed altri servizi finanziari

I numeri da 1) a 7) della lett. d) del comma 37-bis non considerano come servizi digitali soggetti ad ISD la messa a disposizione di interfacce digitali per la prestazione di servizi finanziari consistenti principalmente nella creazione e gestione di spazi virtuali destinati alla conclusione ed al regolamento di operazioni finanziarie, con l’eccezione del n. 3), che ha invece ad oggetto la messa a disposizione di interfacce digitali per il crowdfunding, di cui si dirà nel paragrafo successivo.

La Proposta di Direttiva (13) si limitava a prevedere un’esclusione per i servizi e le attività di investimento (14) resi da sedi di negoziazione (15) e da internalizzatori sistematici (16). Pertanto erano in tal modo esclusi dall’ISD i servizi finanziari resi da soggetti istituzionali tramite la messa a disposizione di interfacce digitali che offrono spazi virtuali regolamentati per consentire la conclusione e l’esecuzione di transazioni finanziarie.

La relazione alla Proposta di Direttiva ed il considerando 19 del Preambolo, pur riconoscendo che la messa a disposizione di tali interfacce può dar luogo ad un servizio d’intermediazione nella cessione di beni o prestazione di servizi di cui alla lett. b) del comma 37, enucleano due distinte rationes decidendi a giustificazione dell’esclusione così individuata.

In particolare, i predetti documenti evidenziano innanzitutto come il valore generato dalle predette interfacce non trova fonte nella capacità di favorire la messa in contatto e l’interazione fra gli utenti, bensì nella garanzia che tale incontro avvenga “in condizioni specifiche e distintive, che non si verificherebbero in altre circostanze … stabilendo elementi essenziali come la qualità nell’esecuzione delle operazioni, il livello di trasparenza sul mercato e l’equità di trattamento tra gli investitori”, fornendo “un ambiente sicuro per le operazioni finanziarie”. Pertanto l’esclusione risulta coerente con il presupposto dell’ISD in quanto la generazione del valore in tal caso è ricollegabile alle condizioni di sicurezza con cui è consentito agli operatori di concludere od eseguire le transazioni finanziarie e non dalle relazioni fra gli utenti.
Inoltre, la relazione alla Proposta di Direttiva chiariva anche che i servizi finanziari resi da soggetti istituzionali tramite la messa a disposizione di interfacce digitali sono in ogni caso funzionali ad agevolare “i finanziamenti, gli investimenti o il risparmio”. Pertanto l’introduzione della relativa esclusione persegue indirettamente anche una finalità agevolativa.

Senonché la lett. d) del comma 37-bis, ha previsto un elenco di esclusioni più ampio di quello previsto dalla Proposta di Direttiva in quanto ha trasfuso nel n. 2) l’esclusione prevista dalla Proposta di Direttiva relativa alle interfacce utilizzate per gestire le “piattaforme di negoziazione” (17) e i “sistemi di negoziazione degli internalizzatori sistematici” ed ha poi introdotto nel n. 1), nonché nei n.n. 3) a 7) un serie di ulteriori esclusioni.

In particolare, il numero 1) esclude dall’ISD i sistemi dei regolamenti interbancari o di regolamento o di consegna di strumenti finanziari e cioè i sistemi destinati ad operatori istituzionali che assicurano l’elaborazione di trasferimenti di fondi interbancari (18) ovvero di titoli (19).

Il numero 4) esclude da ISD le sedi di negoziazione all’ingrosso di cui all’art. 61 comma 1, lett. e) del TUF (20) , e cioè piattaforme che svolgono funzioni similari a quelle delle sedi di negoziazione, consentendo a loro volta la negoziazione fra i loro utenti di strumenti finanziari.

I numeri 5) e 6) del comma 37-bis escludono da ISD le interfacce utilizzate, rispettivamente, per l’attività di controparte centrale e di depositario centrale. La prima è l’attività svolta dai soggetti che, nelle transazioni sui mercati finanziari, si interpongono tra i contraenti, assumendo direttamente il ruolo di acquirente e di venditore nei confronti di ciascuno di loro, e così evitando che le parti della transazione siano esposte al rischio di inadempienza della propria controparte contrattuale, e garantendo il buon fine dell’operazione. La seconda, è l’attività dei soggetti che svolgono un servizio di amministrazione e custodia accentrata di strumenti finanziari, al fine di consentire il trasferimento degli strumenti finanziari in forma dematerializzata. Tali esclusioni rispondono alla stessa ratio dell’esclusione relativa alle sedi di negoziazione.

Infine, il numero 7) della lett. d) svolge, come anticipato, una funzione di chiusura, in quanto esclude dall’ISD la messa a disposizione di altre interfacce che siano utilizzate per gestire sistemi di collegamento, la cui attività sia soggetta ad autorizzazione e l’esecuzione delle prestazioni di servizi soggette alla sorveglianza di un’autorità di regolamentazione al fine di assicurare la sicurezza, la qualità e la trasparenza delle transazioni riguardanti strumenti finanziari, prodotti di risparmio o altre attività finanziarie.

È significativo rilevare come la predetta disposizione non individua quali servizi debba rendere l’interfaccia ai propri utenti, ma si limita a richiedere che essa consenta di svolgere un’attività soggetta ad autorizzazione e che sia sottoposta alla vigilanza di un’autorità preposta ad assicurare il buon funzionamento dei mercati finanziari. In questo senso, la disposizione sembra confermare che la ratio dell’esclusione non riguarda tanto la natura oggettiva dei servizi prestati dalle interfacce digitali, quanto piuttosto la loro capacità di contribuire ad assicurare, attraverso la sottoposizione ad un sistema settoriale di regolamentazione, autorizzazione e vigilanza, il buon funzionamento dei mercati finanziari.

Poiché le fattispecie di esclusione sopra commentate fanno espressamente riferimento, come si è visto, a nozioni e definizioni fornite dalla normativa nazionale, ed in particolare del TUB ed al TUF, rinviando espressamente a tali testi unici, la disposizione di chiusura assume inoltre la funzione di assicurare l’applicabilità dell’esclusione anche a interfacce che svolgono funzioni analoghe ma che siano istituite e vigilate in Stati esteri non appartenenti all’Unione Europea (21) .

4. L’esclusione relativa alla messa a disposizione di interfacce che prestino servizi di intermediazione in investimenti e in finanziamenti partecipativi.

Come si è visto, il n. 3) della lett. d) del comma 37-bis esclude dall’ambito di applicazione dell’ISD la messa a disposizione di interfacce digitali utilizzate per le c.d. operazioni di crowdfunding e cioè per gestire “le attività di consultazione di investimenti partecipativi e, se facilitano la concessione di prestiti, i servizi di intermediazione nel finanziamento partecipativo”.

Sebbene non sia del tutto chiaro il significato del riferimento alle attività di mera “consultazione” di investimenti partecipativi, in luogo di quella di intermediazione nell’effettuazione di tali investimenti, la Circolare n. 3 ha precisato che la predetta esclusione recepisce quella già prevista nell’art. 4 della Proposta di Direttiva per le attività di intermediazione svolte dalle piattaforme di crowdfunding e cioè di quelle piattaforme online utilizzate per la raccolta di capitali per il finanziamento collettivo di progetti.

Senonché il n. 3) della lett. d) del comma 37-bis, a differenza del par. 4 dell’art. 3 della Proposta di Direttiva, che limita l’applicabilità dell’esclusione ai soggetti sottoposti ad autorizzazione e vigilanza in base alle norme dell’Unione Europea per la regolamentazione armonizzata dei servizi di crowdfunding (22), non richiede che le piattaforme di crowdfunding e le attività da esse svolte siano sottoposte ad una specifica regolamentazione, né a forme di autorizzazione o vigilanza (23), così differenziandosi dalle ulteriori fattispecie previste dalla lett. d), ivi inclusa quella di chiusura di cui al n. 7). Da ciò ne consegue che l’esclusione sembra applicabile ai servizi di messa a disposizione di interfacce digitali per l’effettuazione di operazioni di crowdfunding, anche se tali servizi siano resi da soggetti non residenti non sottoposti a forme di autorizzazione o di vigilanza.

L’esclusione dall’ISD è espressamente estesa dal n. 3) della lett. d) del comma 37-bis alle piattaforme di crowdfunding che intermedino non solo operazioni di investimento partecipativo (c.d. equity-based crowdfunding), ma anche di prestito (c.d. lending-based crowdfunding).

Il crowdfunding basato sul prestito ricomprende qualsiasi forma di crowdfunding che riconosca a chi versi un contributo il diritto ad ottenerne la restituzione, eventualmente maggiorata di una remunerazione.

D’altro canto, il crowdfunding basato su investimenti sembra ricomprendere ogni ipotesi in cui chi effettui un contributo riceva un diritto di partecipazione ai risultati economici dell’attività o di singoli affari del soggetto destinatario del contributo attraverso diversi strumenti giuridici quali, ad esempio, la sottoscrizione di azioni, di diritti di opzione, di strumenti finanziari partecipativi o la conclusione di contratti di associazione in partecipazione. Sembrerebbe rientrare in tale fattispecie anche il c.d. royalty-based crowdfunding, e cioè quella forma di crowdfunding finalizzata a raccogliere contributi per realizzare un determinato progetto o prodotto, e che riconosca ai contributori una quota degli utili conseguenti alla futura commercializzazione del progetto o prodotto stessi (24).

Per contro, l’esclusione non può ritenersi applicabile ai servizi resi tramite piattaforme di crowdfunding che intermediano il versamento di contributi a titolo di donazione (c.d. donation-based crowdfunding) ovvero dietro ricompense (c.d. reward-based crowdfunding) (25) proprio per il fatto che il n. 3) della lett. d) del comma 37-bis è inequivoco nel circoscrivere il suo ambito di applicabilità ai soli servizi resi tramite piattaforme di crowdfunding che intermedino investimenti e prestiti in coerenza con il considerando 20 del Preambolo della Proposta di Direttiva, laddove recita che “i servizi forniti dalle piattaforme di crowdfunding che non sono basate su investimenti o sul prestito e che costituiscono una intermediazione, come il crowdfunding basato sulle donazioni o il crowdfunding con ricompensa, o i servizi forniti da tali piattaforme consistenti nella collocazione di pubblicità, dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione della presente direttiva”, nonché del par. 4 dell’art. 3 di tale Proposta. In questo senso si è chiaramente espressa anche l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 3. Pertanto, i predetti servizi sembrano di regola soggetti ad ISD per il fatto che comportano la messa in contatto ovvero l’interazione fra gli utenti.

Per quanto attiene alla determinazione dell’imponibile dell’ISD per i servizi resi tramite piattaforme di crowdfunding che intermediano operazioni di versamento di contributi a titolo di donazione ovvero dietro ricompensa non risulta chiaro se devono esservi inclusi, oltre ai corrispettivi addebitati agli utenti, anche i contributi da loro versati volontariamente. Tuttavia l’Agenzia delle Entrate, pur non avendo espressamente affrontato tale questione, è sembrata ritenere che tali contributi non siano imponibili laddove nella circolare n. 3, ha rilevato che “i servizi digitali in esame devono essere resi a titolo oneroso; in altri termini, assumono rilevanza, ai fini della determinazione della base imponibile ISD, solo quelle prestazioni che determinano la percezione di un corrispettivo” (26).

5. L’esclusione relativa alla cessione di dati da parte di soggetti che forniscono servizi finanziari esclusivi.

La lett. e) del comma 37-bis esclude da ISD la cessione di dati da parte dei soggetti che forniscono servizi digitali esclusi da tale imposta in forza della precedente lett. d) prima illustrata, recependo l’analoga esclusione prevista dal par. 5 dell’art. 3 della Proposta di Direttiva (27) .

Anche l’esclusione così individuata sembra costituire una vera e propria esenzione per il fatto che le cessioni di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale sarebbero configurabili come servizi digitali soggetti alla predetta imposta ai sensi della lett. c) del comma 37.

La sua motivazione sembra coincidere con la motivazione dell’esclusione prevista per i servizi di messa a disposizione di interfacce digitali utilizzate per la prestazione di servizi finanziari. Ed infatti nel considerando 21 del Preambolo della Proposta di direttiva è espressamente precisato che “poiché la trasmissione di dati da parte di sedi di negoziazione, internalizzatori sistematici o fornitori di servizi di crowdfunding regolamentati è limitata alla fornitura dei servizi finanziari regolamentati di cui sopra e ne fa parte, ed è disciplinata come tale dal diritto dell’Unione, anche la fornitura di servizi di trasmissione di dati da parte di tali entità dovrebbe essere esclusa dall’ambito di applicazione dell’ISD”. Pertanto, l’esclusione delle cessioni di dati generati dalla messa a disposizione di interfacce digitali utilizzate per la prestazione di servizi finanziari trova giustificazione nel fatto che anche tali cessioni sono configurabili come servizi finanziari e sono pertanto soggette ad una regolamentazione volta a garantire condizioni di sicurezza nella raccolta e diffusione di tali dati.

L’esclusione sembra riguardare l’attività di fornitura di servizi di comunicazione di dati disciplinati dagli artt. 79 e ss. del TUF e cioè nelle attività di gestione di dispositivi che pubblicano i report delle operazioni concluse per conto di imprese di investimento, ovvero che raccolgono presso le sedi di negoziazione tali report, consolidando le relative informazioni in flussi elettronici di dati attualizzati, in grado di fornire informazioni sui prezzi e sul volume per ciascuno strumento finanziario o ancora che segnalino le informazioni di dettaglio sulle operazioni concluse alle autorità competenti o all’AESFEM (28) per conto delle imprese di investimento (29). Tali servizi sono infatti finalizzati non solo ad accrescere la qualità dei dati disponibili in materia di negoziazione, ma anche a garantire condizioni commerciali ragionevoli ovverosia proporzionate rispetto ai costi di raccolta e trasmissione (30) .

Stante la sua formulazione letterale, l’esclusione in esame risulta comunque applicabile ad ogni ipotesi di cessione di dati posta in essere dai soggetti che forniscono i servizi di cui alla lett. d).

Note:

(1) Adottato ai sensi del comma 46 della Legge 145/2018, il quale stabilisce che “con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate sono definite le modalità applicative delle disposizioni relative all’imposta sui servizi digitali”.

(2) Che qualifica come servizi di pagamento “1) servizi che permettono di depositare il contante su un conto di pagamento nonché tutte le operazioni richieste per la gestione di un conto di pagamento; 2) servizi che permettono prelievi in contante da un conto di pagamento nonché tutte le operazioni richieste per la gestione di un conto di pagamento; 3) esecuzione di operazioni di pagamento, incluso il trasferimento di fondi su un conto di pagamento presso il prestatore di servizi di pagamento dell’utilizzatore o presso un altro prestatore di servizi di pagamento: 3.1) esecuzione di addebiti diretti, inclusi gli addebiti diretti una tantum; 3.2) esecuzione di operazioni di pagamento mediante carte di pagamento o dispositivi analoghi; 3.3) esecuzione di bonifici, inclusi gli ordini permanenti; 4) esecuzione di operazioni di pagamento quando i fondi rientrano in una linea di credito accordata ad un utilizzatore di servizi di pagamento; 4.1) esecuzione di addebiti diretti, inclusi gli addebiti diretti una tantum; 4.2) esecuzione di operazioni di pagamento mediante carte di pagamento o dispositivi analoghi; 4.3) esecuzione di bonifici, inclusi gli ordini permanenti; 5) emissione di strumenti di pagamento e/o convenzionamento di operazioni di pagamento; 6) rimessa di denaro; 7) servizi di disposizione di ordini di pagamento; 8) servizi di informazione sui conti;))”.

(3) Non dovrebbe invece assumere alcun rilievo la nozione di operazione di pagamento rilevante agli effetti dell’IVA, e interpretata restrittivamente dalla Corte di Giustizia alla luce della natura eccezionale delle esenzioni IVA, diversa da quella di norme che contribuiscono a definire il presupposto dell’imposta propria delle esclusioni previste dalla ISD.

(4) Il considerando (12) alla Proposta di Direttiva chiarisce che “i servizi di pagamento elettronico, possono essere considerati come servizi che facilitano l’interazione tra gli utenti mediante un’interfaccia digitale, ma gli utenti non possono generalmente mettersi in contatto tra loro se non hanno già stabilito tale contatto con altri mezzi” e che quindi i soggetti che prestano servizi di pagamento “non sono operatori di mercato, bensì mettono a punto software di supporto o altri strumenti informativi che permettono agli utenti di entrare in contatto con altre persone con le quali, nella maggior parte dei casi, sono già in contatto”.

(5) Come confermato dall’Agenzia delle Entrate al par. 4.1. della Circolare n. 3.

(6) Definiti al par. 3.2.1. della Circolare n. 3 come “i servizi effettuati da interfacce digitali multilaterali che consentono agli utenti che vi accedono di trovare altri utenti e di interagire tra loro” che, ove non gratuiti, prevedono il “pagamento a titolo di canone di abbonamento”.

(7) Definiti al par. 3.2.2. come i servizi che presuppongono che l’interfaccia digitale svolga un “ruolo di intermediario … nelle operazioni di vendita e/o fornitura di servizi, non solo da un punto di vista formale ma anche sostanziale”.

(8) In particolare nel par. 4.1. la Circolare n. 3, se da un lato ha esplicitato che il riscontro del criterio di prevalenza è idoneo ad estendere l’esclusione anche ai “servizi di rete sociale”, dall’altro lato, ha affermato che “continuano, invece, ad assumere rilevanza ai fini ISD… i servizi di intermediazione rientranti nel citato comma 37 lettera b) (diversi dai c.d. servizi di “rete sociale”).

(9) Par. 4.2. della Circolare n. 3.

(10) L’Agenzia delle Entrate richiama a giustificazione di tale conclusione il considerando (16) della Proposta di Direttiva, laddove recita che la fattispecie di fornitura di contenuto digitale da parte di un’entità mediante un’interfaccia digitale dovrebbe essere esclusa anche laddove sia consentita una interazione tra i destinatari di tale contenuto digitale, ma che tale fattispecie è diversa da quella di “messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale mediante la quale gli utenti possono caricare e condividere contenuto digitale con altri utenti, o la messa a disposizione di un’interfaccia che facilita le corrispondenti cessioni di contenuto digitale direttamente tra gli utenti” in quanto “questi ultimi servizi” costituendo “un servizio di intermediazione … dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione dell’ISD quale che sia la natura dell’operazione corrispondente”.

(11) Secondo quanto chiarito nella Circolare n. 3, tale disposizione dovrebbe essere interpretata secondo i principi e la prassi relativi all’interpretazione della nozione di accessorietà prevista in materia di IVA dall’art. 12 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Per beneficiare dell’esclusione, quindi, il servizio di intermediazione dovrebbe costituire per l’utente non un fine a sé stante, ma soltanto il mezzo per fruire nelle condizioni migliori del servizio di pagamento.

(12) In questo senso peraltro sembra esprimersi anche la Circolare n. 3 laddove, nel commentare l’esclusione di cui alla lett. a) del comma 37-bis precisa che per effetto di tale disposizione “il corrispettivo per l’acquisto diretto di beni e servizi” e quindi anche per la prestazione da parte del gestore dell’interfaccia di servizi di pagamento, “è sempre escluso dall’ambito di applicazione dell’imposta a prescindere dal fatto … che la fornitura sia avvenuta o meno nell’ambito di un servizio di intermediazione … in quanto per dette forniture dirette la creazione del valore per l’impresa è legata ai beni o servizi venduti, e non al ruolo dell’utente”. Un ulteriore spunto in questo senso è fornito dal comma 39-bis, ripreso dal punto 3.6. del provvedimento attuativo, laddove chiarisce che “i corrispettivi versati per la prestazione dei servizi di cui al comma 37, lettera b), comprendono l’insieme dei corrispettivi versati dagli utilizzatori dell’interfaccia digitale multilaterale, ad eccezione di quelli versati come corrispettivo della cessione di beni o della prestazione di servizi che costituiscono, sul piano economico, operazioni indipendenti dall’accesso e dall’utilizzazione del servizio imponibile”.

(13) Art. 3, par. 4 lett. (b).

(14) Indicati alla sez. A dell’Allegato 1 della Direttiva 2014/65/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, c.d. MIFID II, relativa ai mercati degli strumenti finanziari. Si tratta in particolare di: 1) ricezione e trasmissione di ordini riguardanti uno o più strumenti finanziari; 2) esecuzione di ordini per conto dei clienti; 3) negoziazione per conto proprio; 4) gestione di portafogli; 5) consulenza in materia di investimenti; 6) assunzione a fermo di strumenti finanziari e/o collocamento di strumenti finanziari sulla base di un impegno irrevocabile; 7) collocamento di strumenti finanziari senza impegno irrevocabile; 8) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione; 9) gestione di sistemi organizzati di negoziazione.

(15) Ai sensi della lett. c) dell’art. 1 del TUF e del punto 24 del par. 1 dell’art. 4 della MIFID II si qualificano come tali i mercati regolamentati, i sistemi multilaterali di negoziazione ed i sistemi organizzati di negoziazione. Questi ultimi si distinguono dai primi due per il fatto che in tali sistemi possono essere negoziati soltanto strumenti finanziari diversi dalle azioni e l’esecuzione degli ordini è svolta su base discrezionale.

(16) Ai sensi del comma 5-ter dell’art. 1 del TUF e del punto 20 del par. 1 dell’art. 4 della MIFID II si qualifica come tale l’impresa di investimento che in modo organizzato, frequente, sistematico e sostanziale negozia per conto proprio eseguendo gli ordini dei clienti al di fuori di un mercato regolamentato, di un sistema multilaterale di negoziazione o di un sistema organizzato di negoziazione senza gestire un sistema multilaterale.

(17) Rinviando per la definizione di tale locuzione alla definizione di “sede di negoziazione” sopra esposta e dettata dalla lett. c) del comma 5-octies dell’art. 1 del TUF.

(18) Ad esempio il Sistema TARGET 2 (Trans-European Automated Real-Time Gross Settlement Express Transfer System) che consente agli intermediari abilitati, ricevendo gli ordini ed elaborandoli in tempo reale, il regolamento in moneta di banca centrale delle transazioni in euro di importo rilevante su base lorda, quali le operazioni di politica monetaria, i pagamenti interbancari, le operazioni per conto della clientela.

(19) Ad esempio la piattaforma TARGET 2-Securities, a cui aderiscono i depositari centrali e che assicura il regolamento centralizzato e armonizzato delle transazioni in titoli, domestiche e transfrontaliere.

(20) Definite dal TUF come “le sedi di negoziazione di titoli di Stato o di titoli obbligazionari privati e pubblici, diversi da titoli di Stato, nonché di strumenti del mercato monetario e di strumenti finanziari derivati su titoli pubblici, su tassi di interesse e su valute che, in base alle regole adottate dal gestore della sede, consentono esclusivamente le negoziazioni tra operatori che impegnano posizioni proprie ovvero, nel caso dei soggetti abilitati, quelle nelle quali gli operatori eseguono in contropartita diretta, con posizioni proprie, ordini di clienti professionali”.

(21) Nella Circolare n. 3, par. 4.1., pag. 40, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che “sebbene la disposizione in esame faccia espresso riferimento alla normativa nazionale contenuta nel decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”, ma tale riferimento deve ritenersi anche al TUB menzionato a n. 1) della lett. d) “si ritiene che tra i servizi esclusi rientrino anche quelli resi nell’ambito di attività regolamentate secondo disposizioni normative estere, assimilabili a quelle italiane richiamate nel Provvedimento”.

(22) In particolare, dal 10 novembre 2021 troverà applicazione il Regolamento (UE) 2020/1503 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 ottobre 2020, relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese.

(23) È verosimile comunque che la scelta del legislatore sia dettata anche dalla presupposizione che l’operatività sul mercato Italiano delle piattaforme di crowdfunding sia comunque subordinata a regimi autorizzatori o di vigilanza, soprattutto ove si tratti di piattaforme gestite da soggetti diversi da quelli, quali SIM o banche, già sottoposti a tali regimi. In questo senso, oltre al già richiamato regolamento (UE) 2020/1503, si ricorda la disciplina dettata dall’art. 50-quinquies del TUF per l’attività di gestione di portali per la raccolta di capitali per le piccole e medie imprese e per le imprese sociali, che è riservata, oltre che a soggetti quali SIM, imprese di investimento UE e banche esclusivamente a soggetti iscritti in un apposito registro tenuto dalla Consob, che siano in possesso di determinati requisiti e sottoposti alla vigilanza di quest’ultima. Anche l’Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 3 ha osservato che l’esclusione di cui alla lettera d) “riguarda servizi prestati dall’interfaccia digitale per gestire attività finanziarie regolamentate”, sebbene tale requisito non sia previsto espressamente al n. 3) dell’elenco.

(24) Del resto la fattispecie in esame sembra riconducibile dal punto di vista civilistico al contratto di associazione in partecipazione. In questo senso anche A. PAVAN, il crowdfunding: cambia il tradizionale sistema del “fare impresa”, Padova, 2018, pag. 35.

(25) Si tratta in particolare di ricompense di natura non finanziaria, costituite da beni o, ad esempio, dalla possibilità di prendere in qualche modo parte all’iniziativa finanziata. Tale ricompensa può avere anche un valore meramente simbolico, mentre talora ha un valore crescente in proporzione all’importo del contributo fornito.

(26) Un’ulteriore indicazione in questo senso peraltro sembra venire dalla Circolare n. 3 che, nell’individuare i criteri sulla base dei quali si considera realizzato un servizio digitale di messa a disposizione degli utenti di un’interfaccia chiarisce che “l’operazione, inoltre, si considera realizzata nel momento in cui sorge a favore dell’impresa che mette a disposizione l’interfaccia digitale multilaterale il diritto a un corrispettivo, indipendentemente dall’effettiva percezione dello stesso”. Ed invero, è agevole rilevare che nel caso di contributi pagati in via meramente volontaria non sorge mai un vero e proprio diritto alla percezione di un corrispettivo.

(27) Art. 3, par. 5.

(28) Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati.

(29) Si tratta delle attività svolte dai gestori di dispositivi di pubblicazione autorizzati (APA), di fornitori di sistemi consolidati di pubblicazione (CTP) e di meccanismi di segnalazione autorizzati (ARM) definiti alle lett. c), d) ed e) del comma 6-undecies dell’art. 1 del TUF.

(30) In particolare, i considerando (123) e (124) del Regolamento Delegato (ue) 2017/565 della Commissione del 25 aprile 2016 prescrivono che nell’ambito del servizio di comunicazione dati occorre assicurare che “i dati di mercato siano forniti a condizioni commerciali ragionevoli in modo uniforme nell’Unione” e che “l’adempimento dell’obbligo di fornire dati di mercato a condizioni commerciali ragionevoli presuppone che le commissioni abbiano un rapporto ragionevole con il costo di produzione e diffusione dei dati”.

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