Le opportunità della nuova MAP UE

Le opportunità della nuova MAP UE

Corr. Trib. 12/2021, pag. 1083 e segg.

La nuova MAP UE può essere promossa a partire dal periodo d’imposta 2018 per risolvere le questioni controverse originate fra Autorità fiscali dalle misure da loro adottate in ordine all’interpretazione di tutte le disposizioni delle convenzioni fiscali e della convenzione arbitrale UE, anche se l’imposta sia stata definita, ma non può essere proseguita se non sia stato sospeso il processo tributario ed è preclusa da una sentenza definitiva o dalla conciliazione

La portata della nuova MAP UE

La nuova procedura di risoluzione delle controversie (“MAP UE”) introdotta dal D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49 (“D.Lgs.”), in attuazione della Direttiva 2017/1852 del Consiglio UE del 10 ottobre 2017 (“Direttiva”), può essere instaurata ai sensi dell’art. 1 per la risoluzione delle sole controversie fra le Autorità fiscali degli Stati membri (“SM”) derivanti tanto dall’interpretazione, quanto dall’applicazione delle disposizioni delle convenzioni fiscali e della convenzione arbitrale UE (1).

Anche la MAP UE, al pari della MAP UE convenzionale, può essere instaurata per le rettifiche degli utili delle operazioni infragruppo e delle stabili organizzazioni. Tuttavia la MAP UE può essere anche instaurata per le controversie relative alle qualificazioni convenzionali (es. imposte considerate, persona, residenza, stabile organizzazione, redditi di immobili, dividendi, interessi, canoni, effettivo beneficiario, artisti e sportivi, altri redditi ecc.), alla spettanza dei benefici convenzionali (es. esenzioni ed aliquote ridotte per dividendi, interessi, canoni, altri redditi), alle misure per l’eliminazione della doppia imposizione (credito d’imposta ed esenzione) ed alle disposizioni procedurali.

Per contro, la MAP UE non può essere instaurata anche per le controversie relative a disposizioni nazionali, quali quelle in materia di determinazione dell’imponibile IRES, quanto delle disposizioni unionali, quali quelle delle Direttive sul regime fiscale dei pagamenti di dividendi, interessi e canoni ed ATAD.

Tuttavia la MAP UE sembra poter essere instaurata anche per l’interpretazione delle disposizioni nazionali richiamate da disposizioni convenzionali. È significativo rilevare in questo senso che il Commentario all’art. 25 del Modello di Convenzione chiarisce che “where a charge of tax has been made contrary both to the Convention and the domestic law, this case is amenable to the mutual agreement procedure to the extent only that the Convention is affected, unless a connecting link exists between the rules of the Convention and the rules of the domestic law which have been misapplied”.

Infine, la MAP UE sembra possa essere instaurata anche laddove siano disconosciuti gli effetti fiscali di un’operazione sulla base della norma antiabuso dell’art. 10-bis dello Statuto del contribuente ovvero l’imputazione soggettiva dei redditi ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. n. 600/1973, sempreché per effetto di tali contestazioni sia negata la spettanza di benefici convenzionali. Ed infatti tali contestazioni potrebbero originare una controversia non solo sulla spettanza dei benefici medesimi, ma anche sulla possibilità di negare la loro spettanza sulla base delle norme così individuate.

L’art. 25 del D.Lgs. ha reso applicabile la MAP UE alle istanze presentate a partire dal 1° luglio 2019, per il periodo d’imposta 2018 e i successivi, in conformità all’art. 23 della Direttiva, il quale prevede però che “le Autorità competenti degli Stati membri interessati” ovverosia le Autorità fiscali designate dagli SM, “possono … convenire di applicare la presente Direttiva in relazione a un reclamo presentato prima di tale data o di esercizi fiscali precedenti”.

I soggetti interessati

La MAP UE può essere instaurata dai “soggetti interessati” che sono identificati dalla lett. d) dell’art. 2 del D.Lgs. in “qualsiasi soggetto residente ai fini fiscali nel territorio dello Stato o in un altro Stato membro e la cui imposizione è direttamente interessata in una questione controversa”. Pertanto sono legittimati tutti i soggetti residenti in Italia o in altro SM e, quindi, persone fisiche o giuridiche ed altri soggetti passivi la cui imposizione sia interessata in via diretta in una questione controversa derivante dall’interpretazione o applicazione delle convenzioni fiscali e della convenzione arbitrale UE.

Per quanto attiene all’individuazione della nozione di soggetto residente ai fini fiscali sembra necessario far riferimento alle definizioni contenute nelle disposizioni dell’accordo o della convenzione dalla cui interpretazione o applicazione derivano le questioni controverse, così come integrate dalle disposizioni di diritto interno a cui fanno rinvio, non solo perché il comma 4 dell’art. 2 del D.Lgs. prevede che i termini non definiti, a meno che il contesto non richieda un’altra interpretazione, hanno il significato loro attribuito dagli accordi o convenzioni di cui l’Italia è parte, ma anche perché non avrebbe senso consentire di invocare l’applicazione della MAP UE anche a soggetti che non sono destinatari di tali convenzioni o accordi.

La lett. d), comma 1, dell’art. 2 del D.Lgs. considera sufficiente che l’imposizione dei soggetti residenti ai fini fiscali in uno SM sia “direttamente interessata in una questione controversa” e quindi non richiede che tali soggetti siano diretti destinatari della misura che potrebbe originare la questione controversa, né che siano direttamente interessati da tale questione. Pertanto, anche la MAP UE, nel caso di rettifica dei prezzi delle operazioni infragruppo, può essere instaurata dall’impresa non residente associata a quella destinataria della misura che potrebbe originare la questione controversa. Del resto, l’AdE, nella circolare 5 giugno 2012, n. 21/E (“circolare n. 21”), per quanto attiene alla MAP OCSE, ha precisato che “la procedura amichevole può essere comunque validamente instaurata dall’impresa estera associata, in capo alla quale è già stata assoggettata a imposizione la materia imponibile oggetto di rettifica nel primo Stato”.

Sembrano legittimati a presentare l’istanza di MAP UE anche le case madri per le loro stabili organizzazioni, nonché i sostituti d’imposta ed i sostituiti, nel caso in cui sia contestata l’omessa effettuazione di ritenute o la loro indebita effettuazione in quanto, in tal caso, la loro imposizione sembra direttamente interessata da tali contestazioni.

La MAP UE, a differenza della MAP OCSE e della MAP UE convenzionale, deve essere instaurata nei confronti, oltre che dello SM di residenza, anche degli altri SM interessati.

I presupposti della MAP UE

La nuova MAP UE non prevede, come presupposto per la sua instaurazione, la sussistenza di una “doppia imposizione”, a differenza della MAP UE convenzionale.

Tuttavia il comma 8 dell’art. 9 del D.Lgs., in attuazione del comma 7 dell’art. 16 della Direttiva, prevede che l’AdE può “rifiutare l’accesso alla procedura di risoluzione delle controversie”, e cioè alla procedura arbitrale, “quando una questione controversa non comporta una doppia imposizione”. Tale disposizione della Direttiva, prevedendo che il rifiuto può essere espresso solo “caso per caso”, sembra presupporre che deve essere motivato.

L’art. 2 del D.Lgs. definisce come “doppia imposizione” l’applicazione congiunta da parte dell’Italia e di uno o più SM delle imposte sullo stesso reddito o patrimonio che comporti un’imposizione aggiuntiva, un aumento delle imposte dovute o la riduzione delle perdite fiscali non solo nei confronti dello stesso soggetto, ma anche di soggetti diversi. Pertanto tale nozione si estende tanto alla doppia imposizione giuridica, quale l’imposizione dei dividendi, interessi e canoni a carico del percipiente nello Stato della fonte e in quello di residenza, quanto a quella economica, quale l’imposizione dello stesso utile a carico di due imprese dello stesso gruppo.

La previsione come condizione per l’accesso alla procedura arbitrale della sussistenza di una doppia imposizione potrebbe consentire all’AdE di negarlo nel caso in cui la rettifica dei prezzi di trasferimento eseguita a carico di una società italiana sia controbilanciata da una corrispondente rettifica eseguita dallo Stato di residenza della società controparte o nel caso in cui il sostituito abbia fruito del credito d’imposta per le ritenute applicate dal sostituto ovvero dell’esenzione. Ed infatti, in tal caso, non si configurerebbe una doppia imposizione, mentre tornerebbe a configurarsi se sia stata disconosciuta la spettanza del credito d’imposta o dell’esenzione dallo SM di residenza del sostituito.

L’art. 3 del D.Lgs. prevede che l’istanza deve essere presentata entro il termine di 3 anni dalla “data del perfezionamento della prima notifica dell’atto o di altro documento equivalente, ovvero dalla data in cui è stato adottato il provvedimento o si verifica la misura che ha originato o potrebbe originare la questione controversa” in conformità “al diritto interno dello Stato membro che ha emesso l’atto o altro documento o misura equivalente”.

LA QUESTIONE INTERPRETATIVA
Controversie future
La MAP UE può essere instaurata ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. n. 49/2020 soltanto se una disposizione ha “originato o potrebbe originare la controversia”. Pertanto la controversia può essere non solo presente, ma anche futura. Tuttavia tale norma, essendo formulata al condizionale, sembra considerare sufficiente che la controversia sia potenziale, diversamente non solo dalla Direttiva, ma anche dal Modello di convenzione per quanto attiene alla MAP OCSE, che, essendo formulati al futuro, sembrano invece richiedere che la controversia sia probabile

La MAP UE, poiché è volta a risolvere le controversie sorte fra gli SM e non fra i contribuenti, può essere instaurata soltanto se una delle Autorità fiscali di tali Stati abbia emesso una misura che interessi direttamente l’imposizione di un soggetto residente. Il par. 3 dell’art. 3 della Direttiva prevede infatti che il reclamo è accettato soltanto se con l’istanza è fornita “una copia della decisione finale dell’Amministrazione fiscale … o di altro documento equivalente da cui risulti la questione controversa e di una copia di qualsiasi altro documento rilasciato dalle Autorità fiscali”.

L’art. 3 del D.Lgs. lega la decorrenza del termine di 3 anni per l’instaurazione della MAP UE ad un presupposto diverso in funzione della diversa misura dell’Autorità fiscale, a differenza dell’art. 3 della Direttiva, che lo lega sempre alla notifica della misura. Ed infatti la prima disposizione prevede che tale termine decorra, per le misure che, come gli atti impositivi, sono soggette a notifica, dalla loro notifica, per le misure che non sono oggetto di notifica, quali i provvedimenti soggetti a forme di pubblicità legale, dalla loro adozione e, infine, per le misure che si perfezionano per il decorso del tempo, quale il silenzio-rifiuto, dalla data in cui si verifichino.

La MAP UE può essere instaurata ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. soltanto se la misura ha “originato o potrebbe originare la controversia”. Pertanto la controversia può essere non solo presente, ma anche futura. Tuttavia tale norma, essendo formulata al condizionale, sembra considerare sufficiente che la controversia sia potenziale, diversamente non solo dal par. 1 dell’art. 3 della Direttiva (ha comportato o comporterà la questione controversa), ma anche dall’art. 25 del Modello di convenzione per quanto attiene alla MAP OCSE (result or will result for him in taxation not in accordance with the provisions of this Convention), che, essendo formulati al futuro, sembrano invece richiedere che la controversia sia probabile. Tant’è vero che il par. 14 del commentario all’art. 25 recita che “to be able to set the procedure in motion, he must, and it is sufficient if he does, establish that the ‘actions of one or both of the Contracting States’ will result in such taxation, and that this taxation appears as a risk which is not merely possible but probable”.

Il comma 1 dell’art. 3 del D.Lgs. prevede che “in caso di presentazione dell’istanza di procedura amichevole a seguito di consegna di processo verbale di constatazione il periodo di tre anni decorre dalla notifica del relativo avviso di accertamento”. Pertanto la MAP UE può essere instaurata anche se al soggetto interessato sia stato notificato un PVC.

La MAP UE sembra possa essere instaurata anche per la notifica di un invito a comparire ai sensi degli artt. 5 e 5-ter del D.Lgs. n. 218/1997, in quanto anche tale invito è configurabile come una misura che potrebbe originare una controversia, dovendo recare non solo la liquidazione delle maggiori imposte o ritenute e delle sanzioni, ma anche i motivi che hanno dato luogo alla loro determinazione. La MAP UE può essere instaurata anche per il diniego espresso o per il silenzio-rifiuto opposto dall’AdE ad un’istanza di rimborso di imposte o di ritenute presentata ai sensi degli artt. 37 e 38 del D.P.R. n. 602/1973, come precisato nella relazione del D.Lgs.

Peraltro la facoltà di instaurare la MAP UE anche in questi casi è stata confermata anche per la MAP OCSE in quanto l’AdE nella circolare n. 21, dopo aver premesso che l’imposizione non conforme alla convenzione può derivare anche “dall’applicazione di un’imposta o una ritenuta alla fonte domestica (ad esempio, ritenute applicate su pagamenti di dividendi, interessi e royalties)”, ha specificato che, in tal caso, “il termine per la valida presentazione dell’istanza di apertura di MAP decorre dalla data di notifica da parte dell’A.F. del diniego del rimborso richiesto … ovvero … dal novantesimo giorno successivo alla data di presentazione della richiesta di rimborso senza che sia intervenuta la decisione dell’Amministrazione, in conformità a quanto previsto dagli artt. 37, secondo comma, e 38 del D.P.R. … n. 602”.

Tuttavia rimane fermo che l’AdE è obbligata ad avviare la procedura arbitrale soltanto se sussiste una doppia imposizione. Pertanto è necessario che, a fronte del maggior imponibile assoggettato ad imposta in Italia, non sia riconosciuta una maggiore deduzione dall’altro SM ovvero, a fronte delle maggiori imposte o ritenute versate, non sia riconosciuto il credito d’imposta o l’esenzione.

La MAP UE può essere instaurata da imprese residenti in Italia anche per richiedere un corresponding adjustment a fronte di un primary adjustment divenuto definitivo a carico di un’impresa non residente associata ai sensi della lett. a) dell’art. 31-quater del D.P.R. n. 600/1973, laddove ora consente “la rettifica in diminuzione del reddito” anche in esecuzione di tale nuova MAP in quanto il primary adjustment potrebbe originare una doppia imposizione economica. Il par. 6.2. del Decreto del Direttore dell’AdE 30 maggio 2018 già prevede infatti che, “qualora il contribuente non intenda richiedere … la rettifica in diminuzione unilaterale” di cui alla lett. c) dell’art. 31-quater, “resta ferma in ogni caso la sua facoltà di attivare direttamente la procedura per la risoluzione delle controversie internazionali prevista” dalle convenzioni fiscali e dalla convenzione arbitrale a cui ora si è aggiunta anche la Direttiva.

Tuttavia, in alternativa, la società residente può richiedere un corresponding adjustment ai sensi della lett. c) dell’art. 31-quater del D.P.R. n. 600/1973, che consente all’AdE di concedere una rettifica in diminuzione unilaterale “a fronte di una rettifica in aumento definitiva e conforme al principio di libera concorrenza effettuata” da altro Stato e poi, in caso di silenzio-rifiuto o di diniego dell’AdE, di accedere alla MAP UE o a quella OCSE ai sensi della lett. a) di tale articolo. Il par. 6.1. del predetto decreto prevede infatti che “qualora il procedimento … si concluda con il mancato riconoscimento della variazione in diminuzione del reddito … la variazione in diminuzione … potrà essere ottenuta attraverso l’esecuzione degli accordi conclusi con le Autorità competenti degli Stati esteri all’interno della relativa procedura per la risoluzione delle controversie internazionali, come stabilito dall’art. 31-quater comma 1, lett. a)”.

V’è da chiedersi se sia qualificabile come una “misura” che “potrebbe originare una questione controversa” per un contribuente anche l’emissione di una circolare, di una risoluzione ovvero la risposta ad un’istanza di interpello. L’OCSE, commentando il par. 1 dell’art. 25 del Modello di convenzione che fa generico riferimento a “the actions of one or both of the Contracting States”, ha chiarito che “such actions mean all acts or decisions, whether of a legislative or a regulatory nature, and whether of general or individual application, having as their direct and necessary consequence the charging of tax against the complainant contrary to the provisions of the Convention”.

SOLUZIONI INTERPRETATIVE
Procedure tributarie che comportano la definitività dell’imposta
La presentazione dell’istanza di apertura di procedura amichevole non è preclusa dalle procedure amministrative tributarie che comportano la definitività dell’imposta. Tuttavia è necessario che la definizione dell’imposta trovi fonte in una misura dell’Autorità fiscale che potrebbe originare una questione controversa. Conseguentemente, la presentazione di un’istanza di MAP UE sembra preclusa nel caso in cui una società residente abbia eseguito una rettifica spontanea della dichiarazione dei redditi mediante il ricorso al ravvedimento, sebbene non sia risultata destinataria di atti di accertamento.

Tuttavia il Governo sembra ritenere che non sia sufficiente che la misura sia adottata dall’Autorità fiscale, ma occorra che tale misura abbia natura accertativa. Ed infatti nella relazione al D.Lgs. è precisato che “rimane invece preclusa … la possibilità di accedere alla procedura amichevole nei casi di ravvedimento operoso ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, per i quali la violazione non sia già stata constatata e non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento”.

L’instaurazione della MAP UE non è preclusa dalla definizione dell’imposta non solo per acquiescenza, ma anche per mediazione o accertamento con adesione. In particolare, il comma 2 dell’art. 3 del D.Lgs. prevede che “la presentazione dell’istanza di apertura di procedura amichevole non è preclusa dalle procedure amministrative tributarie che comportano la definitività dell’imposta”, in attuazione del par. 1 dell’art. 16 della Direttiva. Coerentemente, il comma 6 dell’art. 7 del D.Lgs., “nel caso in cui la questione controversa, originata da un’attività di controllo … è stata oggetto di una definizione, anche agevolata, così come disciplinata dalle norme vigenti” accorda all’AdE la facoltà di rideterminare “in aumento o in diminuzione le imposte dovute a seguito dell’instaurazione della procedura amichevole”. Inoltre, come si vedrà, il comma 7 dell’art. 19 del D.Lgs. stabilisce che anche il precedente comma 1, laddove prevede che, in esecuzione delle decisioni adottate in esito alla procedura amichevole e a quella arbitrale “da cui derivi una variazione del reddito o dell’imposta, l’Agenzia delle entrate dispone il rimborso o lo sgravio delle imposte non dovute ovvero la riscossione delle imposte dovute”, si applica “anche se il rimborso, lo sgravio o la riscossione si riferiscono ad imposte divenute definitive in Italia”.

Tuttavia è necessario che la definizione dell’imposta trovi fonte in una misura dell’Autorità fiscale che potrebbe originare una questione controversa. La relazione del D.Lgs. precisa infatti che “la possibilità di ottenere l’eliminazione della doppia imposizione viene estesa anche alle ipotesi in cui la controversia fiscale, purché originata dall’attività di controllo dell’A.F., sia già stata oggetto di definizione in via amministrativa”. Conseguentemente, la presentazione di un’istanza di MAP UE sembra preclusa nel caso in cui una società residente abbia eseguito una rettifica spontanea della dichiarazione dei redditi mediante il ricorso al ravvedimento ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, sebbene non sia risultata destinataria di atti di accertamento. Come si è visto, in questo senso si esprime la relazione illustrativa del D.Lgs. nel passo sopra trascritto.

L’irrilevanza della definitività dell’imposta rappresenta una parziale novità rispetto alla MAP UE convenzionale. L’instaurazione di tale MAP, pur non essendo preclusa dalla mancata impugnazione della misura, lo è invece dalla definizione mediante accertamento con adesione o mediazione. Il par. 2 dell’art. 6 della convenzione arbitrale statuisce infatti che “l’accordo amichevole si applica a prescindere dalle scadenze previste dal diritto interno degli Stati contraenti interessati”. Inoltre, l’AdE nella circolare n. 21 ha precisato che la conclusione di un accertamento con adesione, conciliazione o mediazione “non può … consentire il riesame in sede di MAP arbitrale proprio perché è venuta meno quell’alternatività (la possibilità in concreto di scegliere) tra contenzioso interno e internazionale, nel senso che non si vuole più contendere alcunché”.

L’irrilevanza della definitività dell’imposta rappresenta invece una novità rispetto alla MAP OCSE in quanto tale MAP può essere instaurata soltanto se il soggetto interessato ha impugnato la misura di cui sia destinatario. Ed infatti, l’AdE nella circolare n. 21 ha attribuito valenza generale alle disposizioni interpretative dell’art. 25 del Modello di convenzione inserite nei protocolli di talune convenzioni fiscali concluse dall’Italia, le quali prevedono che “l’attivazione della procedura amichevole non è in alternativa con la procedura contenziosa nazionale che va, in ogni caso, preventivamente instaurata laddove la controversia concerne un’applicazione delle imposte non conforme alla convenzione”.

Naturalmente per gli atti con cui sia definita l’imposta la MAP UE deve essere comunque instaurata entro il termine di tre anni dalla data di notifica dell’atto oggetto di definizione, essendo tale atto ad originare la questione controversa.

L’instaurazione della MAP UE comporta ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. la preclusione dell’avvio delle altre MAP avviate contestualmente o successivamente, nonché la cessazione delle altre MAP avviate precedentemente. Inoltre, soltanto il ritiro della MAP UE consente di avviare le altre MAP, ma “nei termini e alle condizioni previsti dai medesimi accordi e convenzioni” che pertanto potrebbero essere già scaduti.

SOLUZIONI INTERPRETATIVE
Sentenze passate in giudicato
La configurazione delle sentenze passate in giudicato come preclusive dell’instaurazione e prosecuzione della MAP UE comporta che il Governo ha deciso che l’Italia rientra fra gli Stati membri che sono vincolati dalle sole sentenze passate in giudicato. Tale decisione dovrebbe comportare un superamento dell’interpretazione fornita nella circolare n. 21/E/2012 dall’Agenzia delle entrate secondo cui, poiché l’Italia rientra fra le giurisdizioni che non consentono all’Autorità amministrativa di derogare a una sentenza, in presenza di una decisione dell’Autorità giudiziaria è inibito il passaggio alla fase arbitrale. Pertanto una decisione non definitiva non dovrebbe essere più preclusiva dell’avvio della procedura arbitrale.

La preclusione del giudicato e della conciliazione

Il comma 3 dell’art. 3 del D.Lgs., dopo le modifiche apportatevi, preclude l’instaurazione della MAP UE nel caso in cui, avendo il soggetto interessato impugnato la misura che potrebbe originare la controversa, sia intervenuta su tale questione una sentenza passata in giudicato di Commissione tributaria o di Cassazione o una conciliazione del giudizio, sebbene il par. 4 dell’art. 16 della Direttiva non prevederebbe anche tale preclusione. Peraltro nella relativa relazione è chiarito che tale preclusione è stata introdotta “al fine di fornire una sistemazione organica della materia di cui trattasi tale da garantire parità di trattamento a situazioni similari”. Ed infatti il comma 2 dell’art. 6 e il comma 4 dell’art. 7 del D.Lgs., sempre in attuazione del par. 4 dell’art. 16 della Direttiva, considerano l’intervento di una sentenza passata in giudicato e della conciliazione come causa di rigetto dell’istanza di MAP UE e, nel caso in cui tale istanza sia stata accolta, di cessazione della procedura amichevole.

La configurazione delle sentenze passate in giudicato come preclusive dell’instaurazione e prosecuzione della MAP UE comporta che il Governo, recependo la Direttiva, ha deciso che l’Italia rientra fra gli SM che sono vincolati dalle sole sentenze passate in giudicato. Tale decisione dovrebbe comportare un superamento dell’interpretazione fornita nella circolare n. 21 dall’AdE del par. 3 dell’art. 7 della convenzione arbitrale e cioè dell’interpretazione secondo cui “poiché l’Italia rientra fra le giurisdizioni che non consentono all’Autorità amministrativa di derogare a una sentenza … in presenza di una decisione dell’Autorità giudiziaria … è inibito il passaggio alla fase arbitrale”. Pertanto una decisione non definitiva non dovrebbe essere più preclusiva dell’avvio della procedura arbitrale.

V’è da chiedersi se precluda l’instaurazione della MAP UE anche il giudicato formatosi sulla questione controversa per altri periodi d’imposta, nel caso in cui tale giudicato possa esplicare gli effetti del giudicato esterno in quanto riguardi una fattispecie impositiva pluriennale. Per contro, il giudicato penale non può comportare la cessazione della MAP UE in quanto non ha valenza di giudicato in materia tributaria per il principio dell’autonomia delle giurisdizioni.

I rapporti fra la MAP UE e i giudizi tributari e penali

L’impugnazione davanti alle Commissioni tributarie della misura che potrebbe originare la controversa non preclude l’instaurazione della MAP UE, ma blocca il decorso dei termini fino a che non sia stato sospeso il giudizio tributario. In particolare, il comma 4 dell’art. 3 del D.Lgs., in attuazione del par. 3 dell’art. 16 della Direttiva, statuisce che “la presentazione dell’istanza di apertura di procedura amichevole non preclude al soggetto interessato il ricorso ai mezzi di impugnazione previsti dall’ordinamento nazionale, in conformità delle disposizioni normative interne”. Peraltro l’art. 3 del D.Lgs. blocca il decorso dei termini per l’accoglimento dell’istanza di procedura amichevole e per l’instaurazione della procedura arbitrale fino a che non sia richiesta la sospensione dei giudizi tributari eventualmente instaurati, in attuazione del par. 3 dell’art. 16 della Direttiva. Pertanto, la nuova MAP UE si blocca a seguito dell’impugnazione della misura, a differenza della MAP OCSE, che può invece proseguire, ma, a differenza della MAP UE convenzionale, non richiede che i residenti di SM che, come l’Italia, non possono “derogare alle decisioni delle rispettive Autorità giudiziarie” prestino acquiescenza o rinuncino al giudizio, prima della sua decisione, considerando sufficiente che ne chiedano la sospensione.

Proprio per consentire ai soggetti interessati di proseguire la MAP UE, il comma 5 dell’art. 3 del D.Lgs. ha previsto che, nel caso in cui costoro abbiano presentato “ricorso sulla questione controversa alla Commissione tributaria”, possano chiedere la sospensione del processo tributario “ai sensi dell’art. 39, comma 1-ter, lett. b), D.Lgs. n. 546”, il quale a sua volta dispone che tale processo è sospeso “su richiesta del contribuente” e, quindi, senza necessità del consenso dell’AdE.

La sospensione del giudizio comporta anche la sospensione della riscossione delle imposte ed interessi “ai sensi dell’art. 15, secondo comma, del D.P.R. … n. 602”. Pertanto la nuova MAP UE, nel caso in cui sia stato sospeso il giudizio tributario, può proseguire fino alla risoluzione finale della controversia, senza che il soggetto interessato debba previamente rinunciare al giudizio instaurato.

Il comma 2 dell’art. 21 del D.Lgs. prevede che l’avvio della MAP UE, come già l’avvio della MAP UE convenzionale, non preclude “l’instaurazione o la continuazione, nell’ordinamento interno, di procedimenti che possono dar luogo all’irrogazione di sanzioni, relativi alla medesima questione controversa” e, quindi, di sanzioni non solo amministrative, ma anche penali, in attuazione al par. 2 dell’art. 16 della Direttiva, il quale statuisce che l’instaurazione della MAP UE “non impedisce a uno Stato membro di avviare o di continuare procedimenti giudiziari o procedimenti per sanzioni amministrative e penali in relazione alle stesse questioni”.

Tuttavia l’irrogazione delle pene per un delitto fiscale preclude l’instaurazione della procedura arbitrale e pertanto l’AdE può sospendere la MAP UE dalla data di accoglimento dell’istanza fino all’esito del procedimento penale. Il comma 7 dell’art. 9 del D.Lgs. considera come preclusiva della procedura arbitrale l’irrogazione delle “pene per uno dei delitti di cui al Titolo II del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in relazione al reddito o al patrimonio oggetto di rettifica”, e, quindi, la condanna non solo per i delitti di frode fiscale, ma anche per quelli di omessa o infedele dichiarazione, dando attuazione al par. 6 dell’art. 16 della Direttiva, che consente di negare l’accesso alla procedura arbitrale “nei casi in cui siano state irrogate sanzioni nello Stato membro in questione in relazione al reddito o al capitale rettificato per frode fiscale, dolo e grave negligenza”.

Senonché la preclusione così introdotta ha una portata difforme dalla corrispondente preclusione del par. 1 dell’art. 8 della convenzione arbitrale. Ed infatti, questa seconda preclusione, si estende anche alla procedura amichevole, ma, oltre a richiedere la constatazione definitiva dell’irrogabilità delle sanzioni, è stata interpretata nel senso che sono configurabili come sanzioni gravi, da parte del Consiglio UE nel Codice di condotta, soltanto le frodi fiscali, e da parte dell’AdE, nella circolare n. 21, soltanto le sanzioni penali previste per i delitti di frode fiscale o per quelli che prevedono il dolo specifico di evasione.

Per evitare che la MAP UE possa essere coltivata inutilmente, il comma 3 dell’art. 21 del D.Lgs., in attuazione del par. 6 dell’art. 21 della Direttiva, prevede che, nel caso in cui siano contemporaneamente in corso anche procedimenti per una delle condotte punite dal D.Lgs. n. 74/2000 e, quindi, tanto per le condotte di frode fiscale, che di infedele dichiarazione, “l’Agenzia delle entrate può sospendere le suddette procedure a decorrere dalla data di accettazione dell’istanza di apertura di procedura amichevole fino alla data dell’esito finale dei procedimenti”. Tale facoltà di sospensione è analoga a quella accordata dal par. 2 dell’art. 8 della convenzione arbitrale, che però, come si è visto, è limitata ai procedimenti che siano intesi ad accertare se l’impresa interessata è passibile di “sanzioni gravi” e quindi, di sanzioni penali per condotte di frode fiscale ovvero che perseguano il dolo specifico di evasione.

La fase della procedura amichevole

Per quanto attiene alla fase della procedura amichevole, sono principalmente due le novità della nuova MAP UE rispetto alla MAP UE convenzionale.

La prima è costituita dalla previsione di termini certi per l’esecuzione di tale procedura, e cioè per la richiesta di informazioni supplementari (3 mesi), la loro trasmissione (3 mesi), per la risoluzione unilaterale della controversia (6 mesi dall’istanza o dalla risposta alla richiesta), per l’accoglimento o rigetto dell’istanza con decisione motivata e per la formazione del silenzio-assenso (6 mesi dall’istanza o dalla risposta alla richiesta istruttoria), per la risoluzione della controversia (2 anni prorogabili a 3 anni) e per la comunicazione della decisione ovvero del mancato raggiungimento dell’accordo (30 giorni). La convenzione prevede infatti soltanto un termine unico e complessivo di 2 anni, che per di più è indefinitamente prorogabile di comune accordo fra le parti ai sensi del par. 4 dell’art. 7.

La seconda è costituita dall’introduzione di uno specifico rimedio avverso l’inerzia delle Autorità fiscali, e cioè il silenzio-assenso, nonché avverso la decisione di rigetto dell’istanza da parte delle Autorità fiscali e degli altri SM interessati, e cioè la facoltà di impugnazione di tali decisioni avverso la Commissione o il Tribunale competente.

La fase della procedura arbitrale

Anche per quanto attiene alla fase della procedura arbitrale sono due le novità principali della nuova MAP UE.

La prima è costituita dalla previsione di termini certi per l’istituzione della Commissione Consultiva (120 gg. dalla richiesta), nel caso in cui il rigetto dell’istanza sia divenuto definitivo, il rigetto sia stato annullato o non sia stato raggiunto l’accordo, per la decisione della Commissione sull’istanza (6 mesi), per la sua comunicazione (30 gg.), per l’assunzione di una decisione finale sulla risoluzione della controversia (6-9 mesi), per la sua comunicazione (30 gg.) e per l’assunzione da parte delle Autorità fiscali di una decisione sul parere della Commissione (6 mesi). Ed infatti la convenzione prevedeva un termine solo per la formulazione del parere da parte della Commissione arbitrale e per l’assunzione della decisione da parte delle Autorità fiscali.

La seconda è costituita dall’introduzione di specifici rimedi per la mancata istituzione della Commissione o di uno o più dei suoi membri e per la mancata definizione delle norme di funzionamento della Commissione, e cioè la facoltà di fare ricorso alla CTR del Lazio o ai Tribunali degli altri SM, nonché per la mancata comunicazione da parte dell’AdE della decisione finale entro 30 giorni dalla sua adozione, e cioè la facoltà di presentare ricorso in ottemperanza. Ed infatti la convenzione non prevedeva rimedi specifici per l’inerzia delle Autorità fiscali ovvero della Commissione arbitrale.

L’esecuzione delle decisioni

Il comma 1 dell’art. 19 del D.Lgs. prevede che, “in esecuzione delle decisioni adottate ai sensi degli artt. 7 e 18, da cui derivi una variazione del reddito o dell’imposta, l’Agenzia delle entrate dispone il rimborso o lo sgravio delle imposte non dovute ovvero la riscossione delle imposte dovute”. Il rimborso e lo sgravio delle imposte hanno ad oggetto, rispettivamente, le imposte versate e poi chieste a rimborso, nonché le imposte versate in via provvisoria o definitiva. Per contro, la riscossione delle imposte dovute ha ad oggetto le maggiori imposte accertate dovute in via definitiva a seguito della decisione. In tal caso il comma 4 dell’art. 19 del D.Lgs. prevede che dalle imposte dovute sono scomputate quelle pagate in via definitiva.

Il comma 2 dell’art. 19 del D.Lgs. ha disposto il raddoppio dei termini di accertamento, sebbene la Direttiva non lo prevedesse, per evitare che, nel caso in cui l’AdE non abbia ancora notificato un atto impositivo alla data della decisione, la sua notifica, essendo soggetta ai termini di decadenza stabiliti dall’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, rimanga preclusa. Tuttavia, poiché tale disposizione rende operante il raddoppio dei termini soltanto ai fini dell’esecuzione delle decisioni, è da escludere che l’AdE possa avvalersene per accertare imposte di importo maggiore rispetto a quelle di cui è stato proposto il recupero con tali decisioni.

Inoltre, il comma 7 dell’art. 19 del D.Lgs. prevede che il rimborso e lo sgravio delle imposte non dovute e la riscossione delle imposte dovute devono essere eseguiti anche se tali imposte sono divenute definitive. Secondo la relazione, tale disposizione recepisce “nell’ordinamento interno il principio sancito dagli standard internazionali”, e cioè da talune convenzioni concluse dall’Italia, “in base al quale il rimborso o lo sgravio dovuti in attuazione della decisione sono effettivamente garantiti anche in presenza di imposta divenuta definitiva”.

Sulle maggiori imposte dovute sono applicate le sanzioni amministrative, salvo che non siano state già definite in via agevolata. Tuttavia, l’accoglimento dell’istanza di MAP UE potrebbe legittimare la disapplicazione delle sanzioni per la sussistenza di obbiettive condizioni di incertezza.

Il comma 2 dell’art. 19 del D.Lgs. prevede che le sanzioni già versate devono essere rimborsate solo se la “pretesa erariale sia stata integralmente annullata”. Tuttavia, rimane da chiarire quando, a questi fini, si possa configurare una pretesa autonoma ovvero distinte pretese.

La decisione può essere eseguita soltanto se il soggetto interessato l’abbia accettata entro 60 giorni dalla sua notifica ed abbia rinunciato alle impugnazioni future o a quelle già eseguite. Nel caso in cui l’AdE non dia esecuzione alla decisione assunta in esito alla procedura amichevole o a quella arbitrale, il soggetto interessato è legittimato ai sensi del comma 8 dell’art. 19 del D.Lgs. a presentare ricorso in ottemperanza.

La Direttiva non prevede l’estensione della decisione della MAP UE ai periodi d’imposta successivi o precedenti. Tuttavia l’AdE, nella circolare n. 21, lo ha già previsto per la MAP OCSE, laddove ha rilevato che “in esito ai negoziati intervenuti in corso di procedura amichevole e a condizione che i presupposti di fatto e di diritto siano rimasti immutati anche nel periodo o nei periodi d’imposta successivi a quelli sui quali è intervenuto l’accordo, l’Autorità competente italiana può valutare, di concerto con l’altro Stato, di estendere temporalmente gli effetti dell’accordo amichevole, previo esplicito assenso del contribuente”.

Note:

(1) Sul tema anche G. Foglia e M. Poziello, “Luci e ombre del recepimento in Italia della Direttiva ‘Dispute Resolution Mechanism’”, in Corr. Trib., n. 10/2020, pag. 879 ss.

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