Ottenuta conferma dalla Cassazione che il raddoppio dei termini di accertamento non vale per la dichiarazione di sostituto d’imposta

Ottenuta conferma dalla Cassazione che il raddoppio dei termini di accertamento non vale per la dichiarazione di sostituto d’imposta

Con la sentenza n. 26199/2023, depositata l’8 settembre u.s., la Corte di Cassazione, accogliendo il nostro ricorso, ha escluso che il raddoppio dei termini di notifica degli avvisi di accertamento previsto dal comma 3 dell’art. 43 del d.P.R. n. 600/1973, nella formulazione vigente per gli avvisi di accertamento relativi ai periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, possa trovare applicazione anche al termine di notifica dell’accertamento della dichiarazione di sostituto di imposta per il fatto che, prima della riforma recata dal d.lgs. 158/2015, le violazioni relative a tale dichiarazione non potevano risultare penalmente rilevanti.

Nel caso di specie, il giudice di appello aveva ritenuto legittimo un avviso di accertamento con cui ad una società residente era stata contestata l’infedele dichiarazione di ritenute relative al periodo d’imposta 2003, sebbene fosse stato notificato oltre il termine ordinario di accertamento sancito dal comma 1 dell’art. 43 del d.P.R. n. 600/1973, in quanto, a suo dire, la commissione di una violazione in materia di imposte sui redditi che comporti obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. avrebbe dato luogo al raddoppio al termine di accertamento, oltre che della dichiarazione dei redditi anche della dichiarazione di sostituto d’imposta, stante la pretesa unicità del termine di accertamento delle due dichiarazioni. Ed infatti, la CTR aveva sostenuto che, “una volta emersa la condotta penalmente rilevante, il raddoppio dei termini” riguarderebbe “non solo l’accertamento del correlativo tributo, e neppure le sole imposte sui redditi e sul valore aggiunto previste dal citato D.Lgs. [i.e. il d.lgs. n. 74/2000], ma tutte quelle incluse nelle dichiarazioni alle quali si applicano i termini “ordinari” di cui al già menzionato art. 43, commi 1 e 2, tra le quali c’è la dichiarazione dei sostituti di imposta”.

Ebbene, la Corte di Cassazione ha rigettato tale interpretazione. In particolare, il giudice di legittimità ha statuito che il termine di accertamento della dichiarazione di sostituto d’imposta è autonomo rispetto a quello di accertamento della dichiarazione dei redditi con la conseguenza che potrebbe risultare raddoppiato soltanto nel caso in cui possa essere imputato al sostituto d’imposta di aver commesso nella dichiarazione presentata in tale qualità una violazione che comporti l’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p.      

Senonché essa ha escluso che possa giammai configurarsi una simile eventualità in quanto ha confermato che “le violazioni commesse nella presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta, in base alla normativa vigente all’epoca dei fatti, non potevano mai integrare una fattispecie di reato ai sensi del d.lgs. n. 74/2000”, come dimostrato dal fatto che “soltanto con l’entrata in vigore del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, venne inclusa” tra le dichiarazioni di cui alla lett. c) del comma 1 dell’art. 1 del d.lgs. n. 74/2000 “anche quella presentata in qualità di sostituto d’imposta”, e come confermato dalla stessa Corte di Cassazione che “in sede penale, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 74/2000, ha riscontrato che non risultavano più punibili le fattispecie di dichiarazione fraudolenta del sostituto d’imposta”. Pertanto, è da escludere che il termine di accertamento della dichiarazione del sostituto d’imposta possa risultare raddoppiato.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *