Con l’ordinanza n. 11841/2022 del 12 aprile 2022 la Corte di Cassazione ha confermato l’assoggettabilità ad imposta fissa di registro delle sentenze che si pronunciano sulle opposizioni relative ai crediti già ammessi allo stato passivo delle procedure di amministrazione straordinaria, non solo perché tali sentenze non recano un accertamento di diritti a contenuto patrimoniale, ma anche perché, come pure eccepito nel nostro controricorso, non è assoggettabile ad imposta di registro proporzionale il precedente provvedimento di ammissione del credito per la sua natura amministrativa e, comunque, per il principio di alternatività con l’IVA.
Nel caso oggetto del giudizio una Banca aveva presentato opposizione al provvedimento di ammissione di crediti derivanti da precedenti finanziamenti allo stato passivo di una società in amministrazione straordinaria per ottenere l’eliminazione della condizione di preventiva escussione delle fideiussioni ed il riconoscimento del rango ipotecario di tali crediti.
Il Tribunale, pronunciandosi su tale opposizione, l’aveva accolta soltanto parzialmente, confermando l’ammissione dei predetti crediti al rango chirografario, ma eliminando la condizione di preventiva escussione.
Senonché l’Agenzia delle Entrate aveva preteso di assoggettare tale sentenza ad imposta di registro con aliquota proporzionale dell’1 per cento ai sensi della lett. c) dell’art. 8, comma 1, della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, lamentando che non era stato assoggettato a tale imposta il precedente provvedimento di ammissione al passivo dei crediti della Banca.
Ebbene, con la richiamata ordinanza la Corte di Cassazione, confermando la sentenza d’appello che aveva annullato l’avviso di liquidazione emesso dall’Ufficio, oltre ad aver riconosciuto che la sentenza registrata non contiene alcun accertamento di diritti a contenuto patrimoniale, essendosi limitata ad espungere la condizione di preventiva escussione delle fideiussioni e ad escludere il rango ipotecario di crediti già ammessi allo stato passivo, ha escluso che assuma rilevanza il mancato previo assoggettamento ad imposta proporzionale di registro del provvedimento di ammissione al passivo dei crediti della banca per due ordini di ragioni.
In primo luogo, la Suprema Corte non solo ha ribadito che “… ove oggetto di imposta è la sentenza che ha accertato la diversa natura del credito già ammesso al passivo, non può essere pretesa l’imposta sul presupposto della asserita mancata registrazione di un atto affatto diverso, ovvero il decreto di ammissione allo stato passivo”, ma ha altresì sottolineato che, nel caso di specie, “è dirimente il rilievo che l’ammissione allo stato passivo non riguarda un fallimento … ma un’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi”. Ed infatti, in tal caso, “avendo natura di atto amministrativo, lo stato passivo formato dal commissario straordinario nell’amministrazione straordinaria … non ha carattere giurisdizionale” e, dunque, “come è stato rilevato dalla contribuente, nessun provvedimento di natura giudiziale poteva essere stato adottato sull’ammissione dei crediti allo stato passivo”. Di conseguenza, a suo avviso, in tale ipotesi “non c’è un decreto giudiziale di ammissione allo stato passivo da sottoporre a registrazione (con l’aliquota proporzionale) prima della sentenza resa sull’opposizione allo stato passivo e l’atto amministrativo di formazione dello stato passivo da parte del commissario straordinario è esente da registrazione (art. 1 della tabella allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n., 131)”.
In secondo luogo, la Corte di Cassazione ha rimarcato che, in ogni caso, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 177/2017 “la diversità rispetto all’ordinaria procedura fallimentare della procedura di amministrazione straordinaria … viene a perdere ogni rilievo” in quanto “ciò che assume valore determinante è l’applicazione del principio di alternatività tra IVA e imposta di registro allorché il credito oggetto dell’accertamento derivi da operazioni di finanziamento nell’esercizio dell’attività bancaria …”. Pertanto essa ha confermato che “nella specie … il giudice di appello si è uniformato ai principi enunciati, avendo escluso l’applicazione dell’imposta proporzionale di registro nella misura dell’1%, sia in relazione al contenuto della pronunzia resa sulla collocazione del credito già ammesso al passivo (con provvedimento amministrativo dal commissario straordinario), che in relazione all’operatività del principio di alternatività per le operazioni soggette ad IVA in ragione della sentenza della Corte Costituzionale n. 177 del 2017”.
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