Gli oneri finanziari soggetti ai nuovi limiti di deducibilità dall’imponibile IRES ed IRAP

Gli oneri finanziari soggetti ai nuovi limiti di deducibilità dall’imponibile IRES ed IRAP

Corr. Trib. 21/2009, pag. 1664 e segg.

Gli oneri finanziari soggetti ai due nuovi limiti di deducibilità dall’imponibile IRES, introdotti, da un lato, per le società e «holding» industriali, e, dall’altro, per le società bancarie, finanziarie ed assicurative e le relative capogruppo, sono solo quelli derivanti da rapporti con causa finanziaria e cioè, come ha chiarito la circolare n. 19/E del 2009, da rapporti che abbiano la funzione di consentire ad una parte di ottenere la disponibilità temporanea di un capitale dall’altra.

L’art. 96 del T.U.I.R., come modificato, dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge Finanziaria 2008) e dall’art. 82 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, assoggetta gli oneri finanziari a limiti di deducibilità differenziati agli effetti dell’IRES. In particolare, per le società industriali e le holding industriali (di seguito, «società industriali») gli interessi passivi ed oneri assimilati, che eccedano gli interessi attivi ed oneri assimilati, sono deducibili nel limite del 30% del ROL, mentre, per le società bancarie, finanziarie ed assicurative e le relative capogruppo (di seguito, «banche ed assicurazioni») gli interessi passivi sono deducibili nel limite del 96% del relativo importo (97% per l’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007).

Inoltre, i commi 8 e 9 dell’art. 6 e il comma 2 dell’art. 7 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 estendono anche agli effetti dell’IRAP il limite di deducibilità del 96% agli interessi passivi sostenuti dalle società bancarie, finanziarie ed assicurative, nonché dalle holding.

Gli oneri soggetti al limite di deducibilità dall’imponibile IRES per le società industriali

Per quanto attiene al limite di deducibilità del 30% del ROL introdotto per le società industriali l’espressa individuazione degli interessi e dei proventi ed oneri assimilati rilevanti agli effetti della sua applicazione è fornita dal comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R. Dando per assodato che sono sempre rilevanti gli oneri e i proventi derivanti dai contratti e dai titoli menzionati dalla trascritta disposizione, rimane da stabilire quali siano i rapporti «con causa finanziaria» a cui essa fa riferimento e se per tali si debbano intendere soltanto i rapporti che abbiano funzione finanziaria perché permettano ad una parte di ottenere la disponibilità temporanea di un capitale dall’altra ovvero, in via più generale, tutti i rapporti che, indipendentemente dalla loro funzione, assicurino la disponibilità temporanea di un capitale. Tale questione risulta rilevante in quanto, nel secondo caso, diventerebbero rilevanti anche i rapporti con causa di scambio, di garanzia, aleatoria e così via o i rapporti che trovino fonte nella legge, che assicurino la disponibilità temporanea di un capitale.

Ebbene, l’utilizzo della locuzione di «causa finanziaria», in luogo di quella più generica di «natura finanziaria», induce a pensare che il legislatore abbia inteso far riferimento soltanto ai rapporti che, da un punto di vista giuridico, abbiano causa finanziaria perché abbiano la funzione di consentire ad una parte di ottenere la disponibilità temporanea di un capitale dall’altra.

La tesi prospettata trova conforto nella finalità di tale disposizione che, come si arguisce dalla relazione illustrativa della legge Finanziaria 2008 (1), è il contrasto della sottocapitalizzazione delle imprese. È intuibile infatti che, per il perseguimento di tale finalità, bisogna disincentivare le società industriali, non a ricevere garanzie, a semplificare la gestione dei rapporti di debito reciproci mediante conti correnti fra imprenditori o ad ottenere dilazioni di pagamento dai propri creditori, bensì ad incrementare il livello dei finanziamenti.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE
Oneri soggetti al limite di deducibilità IRES per le società industriali
Per quanto attiene al limite di deducibilità del 30% del ROL introdotto per le società industriali, dando per assodato che sono sempre rilevanti gli oneri e i proventi derivanti dai contratti e dai titoli menzionati dal T.U.I.R., rimane da stabilire quali siano i rapporti «con causa finanziaria» a cui esso fa riferimento e se per tali si debbano intendere soltanto i rapporti che abbiano funzione finanziaria perché permettono ad una parte di ottenere la disponibilità temporanea di un capitale dall’altra ovvero, in via più generale, tutti i rapporti che, indipendentemente dalla loro funzione, assicurino la disponibilità temporanea di un capitale. — L’utilizzo della locuzione «causa finanziaria» in luogo di quella più generica di «natura finanziaria» fa ritenere che il legislatore abbia inteso far riferimento soltanto ai rapporti che abbiano causa finanziaria perché abbiano la funzione di consentire ad una parte di ottenere la disponibilità temporanea di un capitale dall’altra. Tale tesi trova conforto nella finalità della norma che, come si arguisce dalla relazione illustrativa della Finanziaria 2008, è il contrasto della sottocapitalizzazione delle imprese.

Comunque, l’Agenzia delle entrate si è mostrata di questo avviso nella circolare n. 19/E del 2009 (2). Ed infatti essa, se da un lato nel par. 2.2. ha precisato che è soggetto al limite di deducibilità del 30% del ROL «ogni e qualunque interesse (od onere ad esso assimilato) collegato alla messa a disposizione di una provvista di danaro, titoli o altri beni fungibili per i quali sussiste l’obbligo di restituzione e in relazione ai quali è prevista una specifica remunerazione», dall’altro lato, nel successivo par. 2.7., ha sostenuto che sono soggetti al limite di deducibilità del 96% gli interessi passivi ed oneri assimilati che «trovino fonte in rapporti che assolvono ad una funzione finanziaria e cioè di impiego di capitale, così come definiti dal comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R. (si veda, al riguardo, quanto precisato al par. 2.2.)», come si vedrà, nell’assunto che i rapporti rilevanti anche agli effetti di detto limite siano quelli di cui al comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R.

Nel silenzio della norma sembra da ritenere che siano configurabili come oneri e proventi assimilati agli interessi tutti gli oneri e proventi che, pur se diversi dagli interessi, costituiscano la remunerazione per la concessione della disponibilità temporanea di un capitale. Devono pertanto ritenersi tali i differenziali di emissione e rimborso, gli aggi e i disaggi, le commissioni di massimo scoperto e così via e non invece le somme che assolvano ad una funzione risarcitoria.

L’individuazione degli interessi, nonché degli oneri e proventi rilevanti fornita dal comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R. non può che ritenersi valida anche per le società IAS compliant. È bensì vero che per queste società l’art. 83 del T.U.I.R. attribuisce ora valenza fiscale, fra l’altro, ai criteri di qualificazione previsti dai principi contabili IAS. Tuttavia la valenza fiscale di tali criteri, nel caso di specie, non può consentire di considerare rilevanti per le società IAS compliant rapporti non rilevanti per le altre.

In primo luogo, il comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R. costituisce una disposizione speciale rispetto a quella generale dell’art. 83 del T.U.I.R. che attribuisce rilevanza ai criteri di qualificazione previsti dai principi contabili IAS, essendo stata introdotta proprio per individuare i rapporti rilevanti. Pertanto, la prima disposizione può ritenersi idonea a derogare la seconda in forza del principio di specialità (3). Del resto, sarebbe illogico che, per l’individuazione dei rapporti rilevanti agli effetti dell’applicazione di una disposizione nata per contrastare la sottocapitalizzazione delle imprese, possa farsi affidamento ai principi contabili IAS. La causa dei rapporti giuridici, se poca o nulla rilevanza assume agli effetti di tali principi, assume invece rilevanza agli effetti IRES in quanto, come si è rilevato, per contrastare la sottocapitalizzazione si devono disincentivare le imprese ad ottenere nuovi finanziamenti, ma non anche a ricevere garanzie, ad ottenere dilazioni di pagamento o a semplificare la gestione dei rapporti di debito reciproci.

In secondo luogo, i principi contabili IAS non individuano una qualificazione omnicomprensiva di interessi ed oneri e proventi assimilati per il fatto che si limitano a riqualificare come interessi taluni componenti di reddito specificamente individuati. I principi contabili IAS conoscono invece la diversa qualificazione di «onere finanziario». Tuttavia tale qualificazione si estende a ricomprendere soltanto «gli interessi e gli altri oneri sostenuti dall’impresa in relazione all’ottenimento di finanziamenti».

In terzo luogo, la rilevanza per le società IAS compliant di rapporti non rilevanti per le altre società potrebbe comportare un’ingiustificata disparità di trattamento sul piano costituzionale e del diritto comunitario della concorrenza. In tal modo infatti, si discriminerebbero le società IAS compliant che abbiano sostenuto interessi passivi non derivanti da rapporti con causa finanziaria rispetto alle società e alle stabili organizzazioni italiane di società estere non IAS compliant che abbiano sostenuto le medesime tipologie di interessi passivi (4). Le seconde potrebbero dedurre integralmente interessi passivi che le prime potrebbero dedurre nel limite del 30% del ROL.

Peraltro, il fatto che gli interessi e gli oneri ed i proventi assimilati rilevanti siano quelli derivanti dai rapporti con causa finanziaria di cui al comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R. non significa che possa prescindersi dalle qualificazioni previste dai principi contabili IAS. È da ritenere infatti che siano soggetti al predetto limite tutti quegli oneri e proventi che, secondo tali principi, siano rilevati in bilancio fra gli oneri ed i proventi derivanti da rapporti con causa finanziaria. È questo appunto il caso degli oneri e proventi di transazione correlabili ad attività e passività finanziarie valutate con il metodo del costo ammortizzato che devono essere inclusi nella determinazione dell’interesse effettivo da loro generato.

Le considerazioni svolte consentono di trarre le seguenti conclusioni. Innanzitutto sono rilevanti non solo gli oneri ed i proventi derivanti da mutuo e obbligazioni e titoli similari, ma anche quelli derivanti da altri titoli, diversi dalle azioni e strumenti assimilati, da rapporti di deposito e conto corrente bancario, apertura di credito, sconto e cessione pro solvendo di crediti in quanto tali rapporti hanno causa finanziaria.

Sono rilevanti altresì gli oneri ed i proventi derivanti da rapporti di pronti contro termine e riporto su titoli. Tali rapporti hanno causa finanziaria per il fatto che danno luogo allo scambio della disponibilità temporanea di titoli contro la disponibilità temporanea di denaro. Tuttavia nel computo del limite di deducibilità del 30% del ROL non deve tenersi conto degli oneri e dei proventi imputati a conto economico, bensì di quelli che concorrono alla formazione dell’imponibile IRES ai sensi del comma 6 dell’art. 89 del T.U.I.R. (5). Conseguentemente, per il venditore a pronti sono rilevanti esclusivamente i differenziali negativi o positivi fra il prezzo a pronti e il prezzo a termine, mentre per il compratore a pronti, oltre ai differenziali così individuati, anche gli interessi attivi maturati medio tempore sui titoli sottostanti.

Nel senso indicato si è espressa l’Agenzia delle entrate nella circolare in commento. Ed infatti, essa, dopo aver precisato che «resta ferma (anche per i soggetti IAS adopter) l’applicazione dell’art. 89, comma 6, del T.U.I.R. per quanto concerne gli interessi maturati sulle attività oggetto dell’operazione nel periodo di durata del contratto; tali interessi, infatti, non concorrendo a formare il reddito del cedente (né come componente positivo, né come componente negativo) sono da ritenersi esclusi ai fini della disciplina di cui all’art. 96 del T.U.I.R.», ha affermato che «rientra tuttavia fra gli oneri assimilati il differenziale negativo esistente fra prezzo a pronti e prezzo a termine (al netto degli interessi maturati sul titolo nel periodo di durata del contratto)».

Discorso analogo vale anche per gli oneri ed i proventi del prestito titoli. Tuttavia, anche in questo caso, deve tenersi conto solo degli oneri e proventi che concorrono a formare l’imponibile IRES ai sensi del combinato disposto dell’art. 7 del D.L. 8 gennaio 1996, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 marzo 1996, n. 110 e del comma 6 dell’art. 89 del T.U.I.R. Pertanto, per il mutuante sono rilevanti i compensi spettanti per il prestito titoli, mentre per il mutuatario, oltre ai compensi dovuti per il prestito titoli, gli interessi attivi medio tempore maturati sui titoli sottostanti.

Gli interessi derivanti da rapporti di conto corrente fra imprenditori devono ritenersi rilevanti soltanto se ed in quanto tali rapporti abbiano causa finanziaria in quanto siano utilizzati come veicolo per l’erogazione di un finanziamento. Secondo quanto precisato dall’Agenzia delle entrate nella circolare in commento, è questo il caso del cd. notional cash pooling, che sottende un prestito di denaro.

SOLUZIONI OPERATIVE
Oneri e proventi derivanti da rapporti con causa finanziaria assimilati agli interessi
Si ritiene che gli oneri e proventi derivanti da rapporti con causa finanziaria assimilati agli interessi siano tutti quei proventi ed oneri che, pur se diversi dagli interessi, costituiscano la remunerazione per la concessione della disponibilità temporanea di un capitale. Devono pertanto ritenersi tali i differenziali di emissione e rimborso, gli aggi e i disaggi, le commissioni di massimo scoperto e così via e non invece le somme che assolvano ad una funzione risarcitoria.

Per contro, è da escludere che siano rilevanti gli interessi derivanti da pegno irregolare, quali ad esempio i depositi cauzionali e quelli relativi ai margini iniziali di garanzia. Ed infatti, il pegno irregolare non ha causa finanziaria, ma di garanzia per il fatto che il debitore pignoratizio, tramite la sua costituzione, non intende impiegare un capitale, ma si limita a fornire una garanzia per l’adempimento delle sue obbligazioni.

In questo senso si è espressa l’Agenzia delle entrate nella circolare in oggetto per quanto attiene al limite di deducibilità del 96%. In particolare, essa ha precisato che «per le assicurazioni devono ritenersi esclusi gli interessi corrisposti sui depositi di riassicurazione, cioè sui depositi cauzionali costituiti nell’ambito dei rapporti con i quali l’impresa di assicurazione cede una quota del rischio assunto ad altra impresa di assicurazione. Detti depositi sono usualmente utilizzati nella riassicurazione proporzionale, laddove la compagnia cedente trattiene presso di sé un importo pari agli impegni futuri in modo da costituirsi una garanzia per l’assolvimento degli obblighi del riassicuratore. La causa è quella della copertura dei rischi di controparte verso il riassicuratore a garanzia dell’esecuzione della copertura acquisita».

Ed ancora, è da escludere che siano rilevanti le commissioni derivanti da rapporti di fideiussione o da altri rapporti di garanzia, anche se si correlino a rapporti con causa finanziaria. Tali rapporti non hanno comunque causa finanziaria per il fatto che non comportano il trasferimento della disponibilità temporanea di un capitale. Né d’altro canto può obbiettarsi che le predette commissioni sono comunque riconducibili fra gli oneri ed i proventi assimilati agli interessi. Come si è visto, il comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R. considera rilevanti anche tali oneri e proventi soltanto se ed in quanto derivino da rapporti con causa finanziaria e non di garanzia.

Di contrario avviso parrebbe l’Agenzia delle entrate. Nella circolare in esame è infatti precisato che «a titolo esemplificativo si ritengono compresi fra gli oneri e proventi assimilati agli interessi attivi e passivi le seguenti voci: … le commissioni passive su finanziamenti e per fideiussioni o altre garanzie rilasciate da terzi». Peraltro, l’inclusione fra i rapporti con causa finanziaria anche dei rapporti di garanzia si porrebbe in conflitto con l’indicazione secondo cui sono configurabili come tali soltanto i rapporti che assolvono ad una funzione di impiego del capitale, posto che la concessione di una garanzia non comporta il trasferimento della disponibilità temporanea di un capitale. Di conseguenza, dovrebbero essere coerentemente soggette al limite di deducibilità del 30% del ROL soltanto le commissioni eventualmente addebitate dal garante al garantito, una volta che la garanzia sia stata escussa.

Infine, non devono ritenersi rilevanti gli interessi passivi da dilazione che trovino fonte non solo in rapporti con causa commerciale, ma anche in altri rapporti privi di causa finanziaria, indipendentemente dal fatto che siano o meno rilevati in via autonoma, essendo considerati tali dal comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R. soltanto gli interessi passivi derivanti da rapporti con causa finanziaria. Per contro, devono ritenersi sempre rilevanti, in forza dell’espressa deroga ivi prevista, gli interessi attivi da dilazione derivanti da rapporti con causa commerciale.

Gli oneri soggetti al limite di deducibilità dall’imponibile IRES per le banche e le assicurazioni

Il comma 5-bis dell’art. 96 del T.U.I.R. non individua gli interessi passivi soggetti al limite di deducibilità introdotto per banche ed assicurazioni. V’è quindi da chiedersi se siano soggetti a tale limite solo quelli che derivano da rapporti con causa finanziaria di cui al comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R. ovvero tutte le tipologie di interessi e, quindi, anche gli interessi passivi derivanti da rapporti privi di causa finanziaria, quali quelli maturati su debiti tributari e contributivi o per risarcimento danni.

Ebbene, è da ritenere che anche per l’individuazione degli interessi passivi soggetti al predetto limite non possa che essere presa a riferimento tale disposizione. Essa è formulata nel senso di individuare gli interessi passivi che sono rilevanti, in via generale e senza ulteriori indicazioni, «ai fini del presente articolo» e, quindi, anche ai fini del successivo comma 5-bis.

In senso contrario non vale obbiettare che il comma 5 dell’art. 96 del T.U.I.R. continua ad essere formulato nel senso di escludere l’applicabilità dei commi precedenti a banche ed assicurazioni. Tale disposizione è stata infatti introdotta al solo scopo di escludere l’applicabilità a loro carico del limite di deducibilità degli interessi passivi e degli oneri assimilati introdotto per le società industriali.

Comunque, l’estensione del nuovo limite di deducibilità anche agli interessi passivi che non trovino fonte in un rapporto contrattuale, quali gli interessi passivi su debiti tributari e contributivi o per risarcimento danni sarebbe irrazionale in quanto il sostenimento di tali interessi è strettamente afferente all’attività produttiva di proventi imponibili, non derivando il loro sostenimento da una scelta discrezionale di chi li sostiene.

Anche in questo caso l’individuazione degli interessi rilevanti operata dal comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R. non può che risultare valida anche per banche ed assicurazioni IAS compliant, ancorché l’art. 83 del T.U.I.R. attribuisca diretta valenza fiscale ai criteri di qualificazione previsti dai principi contabili IAS, per le ragioni illustrate supra.

Non osta alla conclusione esposta il fatto che lo schema di bilancio delle banche preveda un’unica voce e cioè la voce 20 per l’esposizione degli «interessi passivi ed oneri assimilati». Tale voce è stata coniata dalla Banca d’Italia nel Provvedimento con cui ha approvato gli schemi di bilancio obbligatori per le banche e non trova quindi fonte nei principi contabili IAS a cui l’art. 83 del T.U.I.R. fa espresso rinvio. Inoltre, tale Provvedimento, impone di includere nella predetta voce anche gli interessi passivi derivanti da rapporti privi di causa finanziaria, mentre non impone di includervi tutte le fattispecie di interessi passivi, quali ad esempio quelli derivanti da passività in via di dismissione che devono essere collocati nella voce 280 relativa «all’Utile (Perdita) dei gruppi di attività in via di dismissione al netto delle imposte» (6).

Per le considerazioni esposte è possibile concludere che sono soggetti al limite di deducibilità del 96% gli oneri configurabili come interessi passivi secondo i principi contabili IAS, che derivino da rapporti con causa finanziaria di cui al comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R., così come individuati supra.

A questa conclusione è pervenuta l’Agenzia delle entrate nella circolare in commento in quanto, dopo aver premesso che «l’ambito di applicazione della norma deve intendersi applicabile, oltre agli interessi passivi, anche agli oneri ad essi assimilati … sempreché trovino fonte in rapporti che assolvono ad una funzione finanziaria e cioè di impiego di capitale, così come definiti dal comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R. (si veda, al riguardo, quanto precisato al par. 2.2.)», ha concluso che «le banche possano dedurre il 96% degli interessi passivi ed oneri assimilati, iscritti in bilancio secondo corretti principi contabili sempreché derivino da rapporti di natura finanziaria».

L’aver stabilito che gli interessi passivi soggetti al limite di deducibilità del 96% sono solo quelli derivanti da rapporti con causa finanziaria di cui al comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R. apre una nuova questione. Rimane da stabilire se siano soggetti a tale limite, insieme agli interessi passivi derivanti da rapporti con causa finanziaria, anche gli oneri assimilati.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE
Oneri soggetti al limite di deducibilità IRES per banche e assicurazioni
Il comma 5-bis dell’art. 96 del T.U.I.R. non individua gli interessi passivi soggetti al limite di deducibilità introdotto per banche ed assicurazioni. V’è quindi da chiedersi se siano soggetti a tale limite solo quelli che derivano da rapporti con causa finanziaria di cui al comma 3 dello stesso articolo ovvero tutte le tipologie di interessi e, quindi, anche gli interessi passivi derivanti da rapporti privi di causa finanziaria, quali quelli maturati su debiti tributari e contributivi o per risarcimento danni. Ebbene, è da ritenere che anche per l’individuazione degli interessi passivi soggetti al predetto limite non possa che essere preso a riferimento il comma 3. Esso è formulato nel senso di individuare gli interessi passivi che sono rilevanti, in via generale e senza ulteriori indicazioni, «ai fini del presente articolo» e, quindi, anche ai fini del successivo comma 5-bis.

L’Agenzia delle entrate ha risolto tale questione in senso positivo. Si legge infatti nella circolare in commento che, «nonostante la norma faccia letterale riferimento ai soli interessi passivi, esigenze di coerenza e sistematicità … portano a ritenere che in tale voce devono intendersi inclusi anche gli oneri ad essi assimilati».

Tuttavia, prescindendo dal fatto che il comma 5- bis dell’art. 96 del T.U.I.R. dovrebbe essere di stretta interpretazione perché comporta la tassazione di un costo di produzione del reddito (7), tale presa di posizione non può essere condivisa non solo perché la formulazione letterale di tale norma, a differenza di quella del precedente comma 1, fa esclusiva menzione degli «interessi passivi», ma anche perché tale formulazione rispecchia la volontà storica del legislatore. Nella relazione illustrativa del D.L. n. 112/2008 si dà infatti per acquisito che sono soggetti al limite di deducibilità soltanto gli interessi passivi e non anche gli oneri ad essi assimilati (8). Conseguentemente, non possono ritenersi soggetti al limite di deducibilità i differenziali negativi derivanti da pronti contro termine o riporto su titoli nonché, coerentemente, i compensi per il prestito titoli in quanto non sembrano configurabili come interessi passivi (9).

Ma analoga conclusione vale anche per i differenziali negativi derivanti da derivati di copertura del rischio di variazione dei tassi di interesse in quanto anche tali differenziali non sono configurabili come interessi passivi, non trovando fonte in un impiego di capitale (10).

Comunque, ammesso e non concesso che rilevino anche gli oneri assimilati agli interessi passivi, dovrebbero ritenersi rilevanti solo gli oneri che integrino interessi passivi e non anche quelli che rettifichino interessi attivi per il fatto che il comma 5- bis dell’art. 96 del T.U.I.R. non considera anche gli interessi attivi. Pertanto, non dovrebbero risultare rilevanti i differenziali negativi derivanti da pronti contro termine di impiego, nonché i differenziali negativi derivanti derivati di copertura del rischio di variazione del tasso di interesse di attività.

Inoltre, l’ammontare degli interessi passivi indeducibili dovrebbe essere depurato dei differenziali positivi derivanti da derivati di copertura del rischio di variazione del tasso di interesse di passività in quanto, diversamente, si legittimerebbe una palese incongruenza. Ed infatti, le banche ed assicurazioni, a parità di tasso d’interesse passivo definito mediante la copertura, dovrebbero corrispondere un diverso ammontare d’imposta in funzione del rapporto fra tale tasso e quello delle passività oggetto di copertura.

Gli oneri soggetti al limite di deducibilità dall’imponibile IRAP per le banche e le assicurazioni

Problematico risulta stabilire se, per l’individuazione degli interessi passivi soggetti al limite di deducibilità dall’imponibile IRAP, possa essere preso a riferimento il comma 3 dell’art. 96 del T.U.I.R. I commi 8 e 9 dell’art. 6 e il comma 2 dell’art. 7 del D.Lgs. n. 446/1997 non richiamano tale disposizione. D’altro canto, l’imponibile IRAP, a differenza di quello IRES, deve essere ora determinato sulla base del risultato di conto economico. Tuttavia è irragionevole che interessi passivi deducibili da entrambi gli imponibili, pur non essendo soggetti al limite di deducibilità introdotto agli effetti IRES, lo siano invece a quello introdotto agli effetti IRAP.

Comunque, anche in questo caso, sembrano da ritenere rilevanti soltanto gli interessi passivi e non anche gli oneri assimilati per le ragioni già indicate, pur considerando il diverso avviso manifestato dall’Agenzia delle entrate nella circolare in commento.

Note:

(1) «Fra le varie alternative prospettabili, quella adottata è apparsa più di altre idonea a perseguire allo stesso tempo obbiettivi di razionalizzazione e semplificazione della disciplina e al contempo a costituire un incentivo alla capitalizzazione, ma senza penalizzare in modo irreversibile l’impresa caratterizzata da una struttura finanziaria sottocapitalizzata».

(2) In Banca Dati BIG, IPSOA. Cfr. anche M. Zeppilli, «Inquadramento sistematico della disciplina sugli interessi passivi», in questa Rivista, pag. 1672; L. Miele, «Il prospetto per la deducibilità degli interessi passivi delle società di capitali in UNICO 2009», in Corr.Trib. n. 20/2009, pag. 1595; B. Izzo, «I modelli UNICO 2009 e CNM per i soggetti aderenti al consolidato nazionale», ivi, pag. 1603; G. Molinaro, «Interessi passivi per banche, finanziarie e assicurazioni nei modelli UNICO, IRAP e CNM», ivi, pag. 1611.

(3) Il regolamento per l’adeguamento della normativa sul reddito d’impresa ai principi contabili IAS («regolamento IAS/IRES») ha ritenuto derogatorie del principio di diretta valenza fiscale dei criteri di qualificazione ed imputazione temporale previsti da tali principi tutte le disposizioni che dettano criteri divergenti per specifiche fattispecie.

(4) Per quanto attiene ai dubbi di illegittimità costituzionale delle disparità di trattamento fiscale fra società IAS compliant e non IAS compliant si veda G. Melis e E. Ruggero, «Pluralità di sistemi contabili, diritto commerciale e diritto tributario: l’esperienza italiana», in Rass. trib., 2008, I, pag. 1624.

(5) L’art. 3 del regolamento IAS/IRES fa espressamente salva l’applicazione del comma 6 dell’art. 89 del T.U.I.R. «agli interessi, dividendi ed altri proventi derivanti da titoli acquisiti sotto il profilo giuridico», fra l’altro, in base a rapporti di pronti contro termine e prestito titoli.

(6) Secondo il Provvedimento della Banca d’Italia nella predetta voce «figura il saldo, positivo o negativo, dei proventi (interessi, dividendi, ecc.) e degli oneri (interessi passivi, ecc.) relativi ai gruppi di attività e passività in via di dismissione, al netto della relativa fiscalità corrente e differita».

(7) Cfr. G. Escalar, «Dubbi di costituzionalità sul regime degli interessi passivi per banche ed assicurazioni», in Corr.Trib. n. 16/2009, pag. 1283.

(8) Nella relazione medesima è infatti precisato non solo che «una quota pari al 4% degli interessi passivi dei soggetti appartenenti al settore dell’intermediazione monetaria siano indeducibili sia ai fini IRES sia ai fini IRAP», ma anche che «la disposizione che sterilizza gli effetti dell’indeducibilità per gli interessi passivi relativi a finanziamenti infragruppo fra soggetti inclusi nel consolidato è finalizzata a stemperare l’intervento sugli interessi passivi» in quanto «essa riconosce la deducibilità degli interessi passivi infragruppo, limitatamente a quelli che trovano capienza negli interessi corrisposti a soggetti estranei al gruppo».

(9) È significativo rilevare in questo senso come il Ministero delle finanze nella C.M. 27 maggio 1994, n. 73 (in Corr.Trib. n. 24/1994, pag. 1589), per quanto attiene ai pronti contro termine, ha sostenuto che lo scarto fra il prezzo a pronti e quello a termine, «ancorché concorra a formare il reddito alla stregua di proventi e oneri finanziari, quindi pro rata temporis, non soggiace alla disciplina prevista per la deducibilità degli interessi passivi» proprio per il fatto che «costituisce un componente positivo o negativo riferibile alla linea capitale del titolo sottostante oggetto del contratto, emergendo pur sempre da una doppia cessione del titolo».

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