Con le tre ordinanze nn. 1465, 1466 e 1467 del 2023, la CGT della Lombardia ha accolto la nostra richiesta di rinviare in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ai sensi dell’art. 267 TFUE la questione di compatibilità dell’obbligo sancito a carico delle banche e degli altri intermediari finanziari residenti dal comma 1 dell’art. 6 del d.lgs. n. 446/1997 di includere nell’imponibile IRAP il 50 per cento dei dividendi incassati da società partecipate, con il divieto d’imponibilità per più del 5 per cento dei dividendi corrisposti a società madri residenti in uno Stato UE da società figlie residenti in un altro Stato UE sancito dal combinato disposto dei parr. 1 e 3 dell’art. 4 della Direttiva 2011/96/UE del Consiglio del 30 novembre 2011 (c.d. “Direttiva madre-figlia”), superando l’orientamento contrario finora manifestato dalle Corti Meneghine.
Il giudice di secondo grado ha ritenuto tale questione fondata sulla base delle sentenze del 17 maggio 2017, relative alle cause C-365/16 e C-68/15, con cui la Corte di Giustizia UE ha statuito che soggiace al predetto divieto qualunque forma di imposizione, poco rilevando “che la misura fiscale nazionale sia o meno qualificata come imposta sulle società”,posto che “l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva madri‑figlie non limita la propria applicazione a una determinata imposta”, a prescindere dal fatto che “l’imposizione della società madre abbia come fatto generatore il percepimento di tali utili o la loro ridistribuzione”.
Inoltre, con tale rinvio, la CGT della Lombardia ha colto l’osservazione formulata dalla Corte Costituzionale nella sentenza del 20 gennaio 2022 n. 12 con cui, pur respingendo l’eccezione di illegittimità costituzionale del comma 1 dell’art. 6 del d.lgs. n. 446/1997 per contrasto con l’art. 53 della Costituzione, ha rilevato come il giudice remittente avesse “del tutto assertivamente” escluso “che la direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011 (cosiddetta direttiva “Madre-Figlia”), sia applicabile all’IRAP, senza tuttavia minimamente confrontarsi con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (in particolare, sentenza 17 maggio 2017, in causa C-365/16, AFEP e altri; sentenza 17 maggio 2017, in causa C-68/15, X)”.
Pertanto, la CGUE, dopo aver ammesso le tre domande di rinvio pregiudiziale presentate dalla CTR della Lombardia e, previa loro riunione, aver proceduto alla notifica alle parti ed agli Stati delle relative ordinanze, ha comunicato che “ai sensi dell’articolo 23, secondo comma, del Protocollo sullo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in combinato disposto con l’articolo 51 del regolamento di procedura della Corte, le parti in causa dinanzi al giudice nazionale, gli Stati membri, la Commissione e, quando ne sia il caso, l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione che ha adottato l’atto di cui si contesta la validità o l’interpretazione, hanno il diritto di presentare alla Corte osservazioni scritte entro un termine improrogabile di due mesi e dieci giorni a decorrere dalla presente notifica”.
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