Il regime fiscale dei redditi delle criptoattività rappresentative di diritti per i privati dovrebbe dipendere dalla loro qualificazione giuridica

Il regime fiscale dei redditi delle criptoattività rappresentative di diritti per i privati dovrebbe dipendere dalla loro qualificazione giuridica

La nuova fattispecie impositiva che l’art. 31 del disegno di legge di bilancio 2023 propone di introdurre nella lett. c-sexies) dell’art. 67, comma 1, del TUIR considera come produttivi di redditi diversi la cessione, il rimborso e la detenzione di tutte le tipologie di criptoattività.

Tale disposizione fa infatti riferimento ad ogni “criptoattività comunque denominata archiviata o negoziata elettronicamente tramite tecnologie di registri distribuiti o tecnologie equivalenti”, senza fornirne una definizione di tale nozione.

Inoltre, la relativa relazione illustrativa, specificando che “per criptoattività si intende una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere emessi, trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia equivalente”, conferma l’intenzione di ricondurvi anche le rappresentazioni digitali di diritti archiviate tramite DLT.

Pertanto la nuova fattispecie impositiva così individuata sembra volta a qualificare come redditi diversi i proventi realizzati mediante la cessione, rimborso o detenzione, oltre che di criptovalute e di token rappresentativi di valute, anche di security token, utility token ed NFT.

Senonché, tale scelta lascia perplessi in quanto fa dipendere il regime fiscale dei redditi delle criptoattività che recano la rappresentazione di diritti non dalla loro qualificazione giuridica, bensì dalla forma digitale in cui siano rappresentati.

Di conseguenza, diventerebbero imponibili come redditi diversi soggetti ad imposta sostitutiva con l’aliquota del 26 per cento ai sensi della lett. c-sexies) dell’art. 67, comma 1, del TUIR redditi che sarebbero soggetti ad altro regime, se si fosse prestato riguardo alla qualificazione giuridica dei diritti sottostanti, quali:

  • i redditi derivanti dalla detenzione, al di fuori dell’esercizio di impresa, di security token che, recando la rappresentazione digitale di rapporti di partecipazione, di associazione in partecipazione, di finanziamento o di altri rapporti, sarebbero qualificabili come redditi di capitale soggetti ad imposta sostitutiva con l’aliquota del 26 per cento ovvero ad IRPEF, se non fossero tokenizzati;
  • le plusvalenze realizzate al di fuori dell’esercizio di impresa mediante la cessione a titolo oneroso di NFT che, recando la rappresentazione di attività digitali o fisiche, non sarebbero imponibili se non fossero tokenizzati, non risultando imponibili le plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso di beni mobili, diritti e contratti non aventi natura finanziaria;
  • le plusvalenze realizzate, al di fuori dell’esercizio dell’impresa, mediante la cessione a titolo oneroso di utility token che, recando la rappresentazione del diritto a beneficiare a condizioni preferenziali di beni mobili o servizi non aventi natura finanziaria non sarebbero imponibili se non fossero tokenizzati.

In conclusione, la tokenizzazione potrebbe comportare l’assoggettamento ad imposta di redditi che non sarebbero altrimenti imponibili ovvero l’assoggettamento ad imposta sostitutiva di redditi che sarebbero altrimenti soggetti ad un diverso regime fiscale, non garantendo la neutralità dell’utilizzo del DLT e rischiando di favorire arbitraggi fiscali.

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