La Cassazione stabilisce che non si raddoppia il termine d’accertamento se non è integrata la soglia di punibilità del reato relativa all’imposta di cui è contestata l’evasione

La Cassazione stabilisce che non si raddoppia il termine d’accertamento se non è integrata la soglia di punibilità del reato relativa all’imposta di cui è contestata l’evasione

Con la sentenza 18 febbraio 2022, n. 5501 allegata, la Cassazione ha escluso che possa operare il raddoppio del termine di accertamento nel caso in cui non sia integrata la soglia di punibilità relativa all’imposta evasa prevista dal reato di fraudolenta dichiarazione in quanto tale raddoppio è subordinato all’accertamento dell’astratta sussistenza di un reato che faccia sorgere l’obbligo di denuncia penale a carico del pubblico ufficiale per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74/2000.

La CTR del Veneto con la sentenza impugnata aveva annullato un avviso di accertamento per IRES relativa al periodo d’imposta 2004 notificato dall’Agenzia delle Entrate ad una società di capitali, avendolo ritenuto tardivo per il fatto che, nel caso oggetto del giudizio, non poteva sorgere tale obbligo di denuncia per non essere integrati gli elementi oggettivi del reato di fraudolenta dichiarazione fra cui, fra l’altro, anche quello relativo alla soglia di punibilità di un’imposta evasa superiore ad Euro 77.468,53.   

Ebbene, la Corte di Cassazione, poiché l’Agenzia delle Entrate aveva presentato ricorso avverso tale sentenza, l’ha pienamente confermata, condividendo le argomentazioni formulate nel nostro controricorso. In particolare, la Suprema Corte, dopo aver premesso che “la dizione legislativa rende chiaro che il raddoppio è legato all’astratta sussistenza di un reato perseguibile d’ufficio, che fa sorgere l’obbligo di denuncia in capo al pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 331 citato, e non dipende dal suo accertamento in concreto” e che “il raddoppio opera in presenza di tale presupposto astratto, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denunzia, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento del reato nel processo (Cass., Sez. VI, 28/06/2019, n. 17586, Cass., Sez. V, 13/09/2018, n. 22337; Cass., Sez. VI, 30/05/2016, n. 11171)”, ha argomentato che, “quando viene contestato il raddoppio dei termini, rientra nei compiti del giudice tributario l’accertamento dell’astratta sussistenza di un reato perseguibile d’ufficio, che faccia sorgere l’obbligo di denuncia in capo al pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 331 cod. proc. pen., quindi anche del raggiungimento della soglia di rilevanza penale di cui all’artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente ratione temporis (cfr. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11171 del 30/05/2016; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13483 del 30/06/2016)”. Pertanto, poiché nel caso oggetto del giudizio, come rilevato dalla CTR del Veneto, la stessa Agenzia delle Entrate aveva riconosciuto che non risultava integrata la soglia di punibilità relativa all’imposta evasa, ha concluso che non poteva operare il raddoppio dei termini di accertamento in quanto, “conformemente al disposto normativo il superamento delle soglie di punibilità dev’essere riferito ad ogni imposta considerata singolarmente e ad ogni singolo anno d’imposta”.

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