Rimessa alla Corte Costituzionale la verifica della legittimità dell’obbligo di classificazione delle partecipazioni della Banca d’Italia fra quelle di trading

Rimessa alla Corte Costituzionale la verifica della legittimità dell’obbligo di classificazione delle partecipazioni della Banca d’Italia fra quelle di trading

Rimessa alla Corte Costituzionale la verifica della legittimità dell’obbligo di classificazione delle partecipazioni della Banca d’Italia fra quelle di trading sulla base delle argomentazioni esposte in un mio precedente scritto (Il Fisco 32-33/2021, pag. 3120 e segg.).

Con l’ordinanza del 27 maggio u.s., pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 26 del 29 giugno u.s., la CTP di Trieste ha sollevato questione di legittimità costituzionale del comma 148 dell’art. 1 della legge n. 147/2013, laddove ha posto l’obbligo di assoggettare a imposta sostitutiva con l’aliquota del 26 per cento le plusvalenze derivanti dall’aumento del valore nominale delle quote di partecipazione nel capitale di Banca d’Italia, conseguente all’aumento del capitale sociale di tale istituto ad Euro 7.500.000.000, deliberato secondo quanto previsto dal comma 2 dell’art. 4 del decreto legge n. 133/2013.

In particolare, il giudice remittente ha ritenuto che la predetta disposizione violerebbe gli articoli 3, 41, 42 e 53 della Costituzione in quanto, laddove ha reso l’imposta sostitutiva applicabile, da un lato, anche a carico dei soggetti OIC adopter a prescindere dal realizzo effettivo delle plusvalenze, e, dall’altro lato, anche alle quote in possesso dei requisiti per beneficiare del regime PEX, ne ha aggravato ingiustificatamente il regime fiscale rispetto a quello delle plusvalenze relative a partecipazioni in altri soggetti, e rispetto a quello delle plusvalenze relative alle medesime quote realizzate prima del 31 dicembre 2013.

Senonché, la CTP di Trieste ha rimesso all’esame della Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale non soltanto del predetto comma 148, che ha istituito e disciplinato l’imposta sostitutiva, ma anche del comma 6 dell’art. 6 del decreto-legge n. 133/2013, che ha imposto ai titolari delle quote di partecipazione nel capitale di Banca d’Italia, fatto salvo il rispetto dei principi contabili internazionali, di iscriverle al loro maggior valore nominale nel “comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione”.

Ebbene, sono particolarmente lieto di rilevare che la CTP di Trieste nelle pagg. da 43-49 della motivazione dell’ordinanza di remissione alla Corte Costituzionale ha integralmente mutuato le argomentazioni che avevo esposto in un mio precedente scritto (Regime IRES di dividendi e plusvalenze delle partecipazioni nella Banca d’Italia, il fisco n. 32-33/2021, pagg. 2-9), convenendo che tale disposizione introduce “esclusivamente un obbligo di classificazione e valutazione delle partecipazioni della Banca d’Italia di valenza contabile” allo scopo di “far emergere contabilmente i relativi plusvalori e poterli quindi assoggettare a imposta sostitutiva” e che, laddove impone di iscrivere le quote di partecipazione nel capitale di Banca d’Italia nel “comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione”, contrariamente a quanto adombrato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 4/2014, non può essere interpretata – tanto più a partire dall’entrata in vigore del nuovo IFRS 9 – nel senso di attribuire a tali quote una classificazione fiscale autonoma rispetto a quella contabile, che per i soggetti IAS adopter determinerebbe l’imponibilità integrale dei dividendi ai sensi del comma 2-bis dell’art. 89 del TUIR e la rilevanza fiscale delle valutazioni ai sensi della lett. b) del comma 1-bis dell’art. 110 del TUIR.

Sarà quindi di grande interesse la pronuncia della Corte Costituzionale che, pur nei limiti della rilevanza di tale questione per il giudizio di merito, il cui oggetto è circoscritto alla domanda di rimborso dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze derivanti dall’aumento del capitale di Banca d’Italia, potrà non solo dichiarare l’illegittimità costituzionale del comma 6 dell’art. 6 del decreto-legge, come richiesto dal giudice remittente, ma quantomeno fornire talune indicazioni interpretative di tale disposizione utili per superare il quadro di incertezza ancora esistente in merito al regime fiscale dei componenti di reddito derivanti dalle quote di partecipazione nel capitale della Banca d’Italia, soprattutto per i soggetti IAS adopter.

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